Radio UX

Stefano Bussolon

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Episodi

Carlo Frinolli: I sentieri interrotti nei prodotti digitali
08-01-2024
Carlo Frinolli: I sentieri interrotti nei prodotti digitali
Il protagonista di questo episodio è Carlo Frinolli, che si presenta come "design visionary" (ma dice che il titolo l'ha inventato ChatGPT).Carlo lavora nel campo della UX da prima che la disciplina fosse riconosciuta e nominata come tale.Ha realizzato di lavorare in UX nel 2011, ispirato fra gli altri da Cristiano Siri.Ha iniziato la sua carriera creando siti web con Macromedia Flash, poi è diventato sviluppatore front-end.Ha studiato ingegneria delle telecomunicazioni e si è appassionato alla grafica editoriale.Ha scoperto l'open source e ha fondato due aziende, di cui l'ultima è stata acquisita da Caffeina.Ha fatto volontariato per Mozilla, che ha portato alla conoscenza di Cristiano Siri.Ha cofondato il WUD Rome, una conferenza su UX e usabilità.Ha creato un podcast chiamato "Nois3 About Design".Attualmente è Head of Design di Dynamo, occupandosi di prodotto digitale.Nel tempo libero si dedica alla cucina e guarda serie TV.La discussione inizia sul concetto di "value proposition" e come questa si è evoluta nel tempo, usando l'esempio di Netflix: inizialmente Netflix offriva DVD a domicilio su abbonamento, ora offre lo stesso servizio in forma digitale tramite streaming. La proposizione di valore di Netflix è rimasta la stessa nonostante il cambiamento del mezzo di erogazione. Carlo ha sottolineato l'importanza di mantenere coerenza nella proposizione di valore attraverso i diversi canali e touchpoint.Abbiamo poi parlato dell'importanza per i designer di avere una visione olistica del servizio e non focalizzarsi solo su un singolo touchpoint, del rischio di creare esperienze utente ipertrofiche in un'area mentre si trascurano altre parti del servizio. Carlo ha citato l'esempio di un servizio governativo britannico che, nonostante un'interfaccia utente ben progettata, aveva processi di back-office obsoleti che compromettevano l'esperienza complessiva.Abbiamo ragionato sull'importanza della ricerca con gli utenti per comprendere le loro aspettative e migliorare il servizio, sottolineando come la ricerca dovrebbe essere continua e non limitata solo alla fase iniziale del progetto.Carlo ha menzionato il libro "Chi vuole cavalli più veloci" di Raffaella Roviglioni, che tratta dell'importanza di comprendere le esigenze degli utenti.Carlo ha parlato dei rischi di non avere una visione completa del servizio e gli effetti collaterali negativi, portando come esempio le conseguenze sociali e urbanistiche di servizi come Airbnb, che, nonostante un design eccellente, hanno creato problemi nelle città.Abbiamo sottolineato l'importanza di considerare la sostenibilità economica, sociale e ambientale nella progettazione dei servizi, e di come i designer possano contribuire a una visione più sostenibile e etica del design. Della necessità di competenze diverse e di un approccio multidisciplinare nel design dei servizi digitali: il design è un lavoro di squadra che richiede competenze che vanno oltre quelle strettamente tecniche.Abbiamo concluso con l'importanza di essere consapevoli dei bias e di come questi possano influenzare il design dei servizi.E poi, con Simone Borsci, abbiamo parlato del ruolo che avrà, nel futuro prossimo, l'intelligenza artificiale.
Nicola Bonora: utenti sì, utenti no
18-10-2023
Nicola Bonora: utenti sì, utenti no
Nicola Bonora, esperto di strategia digitale e architettura dell'informazione, ci ha parlato del suo background professionale e personale, descrivendo il suo lavoro come UX and commercial digital strategist. Ha spiegato che si occupa principalmente di content design e ha usato la metafora di "disegnare le strade per le interazioni digitali". Ha anche menzionato il suo interesse per l'enigmistica e come questo si collega al suo lavoro con le parole e le architetture del linguaggio. Nicola ha discusso del suo approccio alla ricerca utente e ha sottolineato l'importanza di coinvolgere gli utenti finali nei processi di progettazione. Ha spiegato che, in alcuni casi, quando non è possibile coinvolgere direttamente gli utenti, si può fare affidamento sulle informazioni raccolte dalle persone all'interno dell'organizzazione che hanno a che fare con i clienti finali. E questo è stato il fulcro della conversazione, incalzato dalle domande *cattive* del sottoscritto, un talebano nella necessità di coinvolgere gli utenti ;)Nicola ha enfatizzato l'importanza di fare domande giuste e di riformulare le domande per ottenere informazioni significative.Nicola ha parlato del suo approccio al content design e ha spiegato che si concentra sulla creazione di una struttura di contenuti che soddisfi i bisogni delle persone e gli obiettivi di business. Ha sottolineato l'importanza di progettare per il caso peggiore e di considerare il mobile come uno dei vincoli principali. Ha anche menzionato l'importanza di coinvolgere gli stakeholder e di lavorare in modo collaborativo per ottenere risultati migliori.Infine, Nicola ha discusso dell'importanza di riformulare la domanda e di essere aperti all'innovazione. Ha sottolineato che riformulare la domanda può portare a nuove prospettive e soluzioni creative. Ha anche ribadito l'importanza di lavorare in modo partecipativo e di condividere una cultura di propensione verso l'utente finale.In sintesi, la conversazione ha affrontato temi come la ricerca utente, il content design, l'importanza di coinvolgere gli utenti finali e gli stakeholder, e l'importanza di riformulare la domanda per ottenere risultati migliori.
Raffaella Roviglioni - Cavalli veloci e ricerca con le persone
29-12-2021
Raffaella Roviglioni - Cavalli veloci e ricerca con le persone
Quando cercavo un titolo per il libro mi sono resa conto che la famigerata citazione di Ford mi permetteva di dire perché fare ricerca. La citazione viene usata come argomento contro la ricerca. la usava Steve Jobs, per dire che le persone non sanno cosa vogliono. inutile di chiedere cosa vogliono, le persone non lo sanno, il sottotesto sarebbe che noi designer invece sì che lo sappiamo e facciamo innovazione. Ho sfruttato questa citazione per dire esattamente il contrario.La citazione è falsa, Ford non l'ha mai detto, mai scritto. fa sorridere che sia ancora usata, ma ci da uno spunto per riflettere su una serie di cose.Ha un sacco di problemi: si basa su una congettura, la domanda è mal posta, la risposta è male interpretata e mancano alcune informazioni chiave. Sono i temi di cui parlo nel libro, gli argomenti a favore della ricerca. Congettura che non viene verificata (mi direbbero cavalli più veloci). Il problema è che molti stakeholder si fermano alle congetture, io so cosa serve alle persone, cosa mi diranno, non vanno alla fonte, alle persone reali. Questo è un rischio enorme di sbagliarsi tanto sulle proprie ipotesi.La domanda è mal posta. Noi non chiediamo cosa vogliono le persone, le domande sulle opinioni appartengono al marketing, noi vogliamo conoscere le persone per capirle, per progettare, non facciamo mai questa domanda. Errore di interpretazione della risposta, dobbiamo approfondire, partiamo da una risposta per sondare i bisogni sottostanti. Nel libro racconto delle cose che mi sono venute in mente, ovvero all'idea di spostarsi velocemente. Io sarei stata curiosa di capire il perché ti serve spostarti più velocemente, avremmo potuto ascoltare delle storie, ad esempio per spostare merci deperibili, per comodità, stanchezza, scavando si potrebbero trovare cose molto interessanti, potrebbero aprirci a bisogni diversi dalla velocità.A chi la facciamo la domanda? Il chi è fondamentale per noi. Le auto erano una rarità per ricchi. Io con chi potrei andare a parlare, chi è il potenziale fruitore di una utilitaria? Chi possiede i cavalli, chi prende una carrozza, chi prende il treno. Senza dimenticarsi i conduttori. Si apre uno scenario molto ampio. Dobbiamo fare ricerca per sfatare delle congetture, delle convinzioni che anche se fatte da qualcuno che ha conoscenza del dominio non è detto che rispondano a verità. Vanno identificate le persone giuste, per capire i bisogni sottostanti, entrare in profondità, complessità, esigenze, capacità, ascoltare le storie, e non fermarci alla prima risposta. Altrimenti non saremmo mai in grado di innovare, ideare, migliorare la vita delle persone.il discorso di modelli: capire se il modello che ci siamo fatti della nostra clientela corrisponde a realtà oppure no. Più anticipiamo questa fase meno rischiamo di fare cose che non servono, o che hanno un focus trascurabile rispetto a migliori opportunità di business.Innovazione: non si può fare innovazione per l'innovazione, non è una stella polare, innovare non vuol dire niente. Dove vai, in che direzione? l'innovazione arriva e viene ispirata e nutrita dalla ricerca. Vedere qual è la vita delle persone, comprendere i modelli mentali, come si rapportano con il loro mondo, sono carburante e scintilla, per ideare qualcosa o migliorare drasticamente qualcosa che già esiste.La tecnologia permea la nostra vita, ma bisogna inglobare il pensiero delle persone nel processo tecnologico. La tecnologia ti abilita a fare delle cose che prima non erano possibili, ti suggerisce delle idee, ma va fatto un bagno di realtà, capire come quella si sposa con i bisogni delle persone e come si integra nella loro vita. Altrimenti o sei troppo avanti, o non serve, non intercetta i bisogni, e questo è uno dei motivi di fallimento.La ricerca mi appassiona perché mi piacciono le persone, odio la gente e amo le persone come individui. C'è l'aspetto di connessione con le persone, quando sono a contatto con le persone, quando parlo e ascolto.
03/11/2021 - Debora Bottà - Speculative design
14-11-2021
03/11/2021 - Debora Bottà - Speculative design
Lo speculative design è l'unione di due concetti, il design e il futuro. O meglio, si immagino diversi futuri: futures, al prurale, e questo è uno degli aspetti importanti. Nessuno ha la sfera di cristallo e può prevedere o fare previsioni, e dunque tutto può essere diverso da quanto immaginato. La finalità principale è fare un cambio di visione e di utilizzo del design.Si vogliono comprendere le implicazioni delle tecnologie emergenti. È una forma di design diversa, che non ha l'obiettivo di creare un prodotto ma di interrogarsi sulle implicazioni. Un approccio critico, discorsivo, che cerca di guardare il futuro per immaginare quali possono essere i possibili scenari, individuare il più desiderabile o quello da evitare.Lo speculative design non è un processo di creazione di un prodotto commerciale, diventa un mezzo. Non la risoluzione di un problema, ma guarda il futuro per identificare problemi, implicazioni positive, risvolti sociali, etici, ambientali delle nuove tecnologie. Non offre delle risposte ma si interroga e cerca delle domande. Non ci si concentra su una comprensione di come è oggi ma come potrebbe essere domani, si sposta la prospettiva.Il critical design non è nuovo, non è sci fi, è qualcosa che fonda le radici in Italia, alla facoltà di Architettura di Firenze negli anni '60 e '70: uno sguardo sulle tecnologie emergenti, visioni, una critica sul futuro, l'idea di fermarsi a riflettere, spostare la nostra visione, che spesso è di breve periodo, non solo risolvere i problemi di oggi ma analizzare implicazioni di scenari per evitare problemi domani.Anche il framework del design council - visione sistemica, allargare gli orizzonti. Unire futuri e design vuol comunque dire progettare, il risultato è spesso un artefatto, qualcosa di tangibile, ma non sempre, a volte si creano degli scenari, ma spesso qualcosa di tangibile, per riuscire a consentire alle persone di cogliere le implicazioni. Rendere tangibile qualcosa, creare atmosfera, scenario futuro. Aiuta le persone a riflettere sulle implicazioni.
01/09/2021 - Alberta_Soranzo: Sistemi & Ecosistemi
13-09-2021
01/09/2021 - Alberta_Soranzo: Sistemi & Ecosistemi
Se nella progettazione e nello sviluppo di un prodotto o servizio non abbiamo presente il contesto di utilizzo e il suo ciclo di vita possiamo creare cose straordinarie che però non possono funzionare perché non sono connesse con l'ambiente in cui andranno ad esistere. Ad esempio, se il sistema che gestisce le richieste in back end non ha gli agganci per fornire le visibilità il tuo prodotto è inutile.Noi tendiamo a prendere la realtà come qualcosa di scontato: vai al supermercato e usi il carrello, il frigo, la cassa. Noi percepiamo questi oggetti come oggetti, la cassa è una cosa. Ma se ci fermiamo ad osservare e scomporre l'oggetto nelle parti non ci si può non rendere conto di due verità fondamentali: la prima è che dietro ogni oggetto e ogni parte c'è una persona che ha disegnato quella cosa, e questo mi sconvolge. La presa per la corrente davanti a me, l'adattatore è un oggetto, su amazon lo compero. Sono pezzi di plastica che si incastrano, il metallo, i circuiti e così via. Ma non solo qualcuno ha pensato a tutte queste parti, ma anche come vanno insieme. Altrimenti la funzionalità non esisterebbe, se scomponessi i pezzettini non fanno l'oggetto.Quando penso a questa cosa mi torna in mente una lezione di [Russell Ackoff](https://en.wikipedia.org/wiki/Russell_L._Ackoff) in cui parla delle automobili. Immagina di avere una fabbrica di auto e decidi di creare la migliore auto del mondo. Un approccio è dire agli ingegneri di trovare il miglior motore, le migliori ruote, da Volvo, da Pirelli, da Porsche. Hai le parti migliori in assoluto, le metti insieme, e non ottieni la macchina migliore del mondo perché queste parti non funzionano insieme. They don't fit. Devono funzionare insieme, è necessario creare degli elementi che si incastrano, perché non hai l'esperienza degli elementi ma dell'insieme.È necessario tener conto della connessione delle parti per formare l'oggetto, e la connessione degli oggetti nell'ambiente. Il registratore di cassa nel deserto non serve a nulla, non è connesso alla corrente, non c'è il negozio, non ci sono i clienti. fuori dal contesto non ha valore.
03/06/2021 - Maria Cristina Lavazza: comunicare, collaborare, giocare
06-06-2021
03/06/2021 - Maria Cristina Lavazza: comunicare, collaborare, giocare
Comunicare i risultati di un progetto è una parte integrante del processo, che va raccontata nel modo giusto. È molto importante lo storytelling, la narrazione giusta con gli strumenti giusti di quel pezzo di lavoro. È necessario portare il committente dentro al design, per aumentare la connessione rispetto ai risultati, aumentare la consapevolezza delle scelte.Questa forma di comunicazione è fortemente legata alla collaborazione. Noi cerchiamo di innescare una trasformazione; l'organizzazione sposa un approccio, è parte integrante del processo, partecipa a vari livelli, in ogni fase. Se vuoi essere diverso fuori devi essere diverso dentro, altrimenti si passa una mano di vernice e basta, mentre essere diversi internamente significa essere diversi sul mercato. È necessario iniziare un percorso in cui le persone diventano centrali nel contributo che possono dare, nello scoprire il proprio talento. Collaborare è fare un percorso di trasformazione, conoscersi come persone. C'è bisogno di un linguaggio comune, di trovare il linguaggio del gruppo. Le resistenze al cambiamento sono dovute alla paura. Esistono tanti livelli di freni al cambiamento interno. Se smettiamo di ripetere gli stessi comportamenti in maniera identica ed automatica, se ragioniamo in maniera diversa, da designer, chiedendoci il perché delle cose, come stiamo lavorando, scatta qualche cosa. Perché funzioni è necessario che quella organizzazione assuma quel tipo di cultura, a partire dalla leadership, altrimenti non funziona.Il gioco fa parte di questo processo. Lo spirito di giocosità permette di creare dei nuovi spazi, nuove regole. Il gioco ha bisogno di regole per arginare lo spazio. Il gioco ti permette di esplorare e di avere il coraggio di esplorare, può fornire degli strumenti in più rispetto alle regole che non ci appartengonoMaria Cristina LavazzaCon una laurea in filosofia orientale e una in Biblioteconomia, Maria Cristina Lavazza (https://www.linkedin.com/in/mclavazza/) è Head of Experience a UtLab. Architetto dell’informazione e experience designer è specializzata nella ricerca su e con le persone e nei metodi partecipativi. È inoltre design thinker certificata. Esplora e riprogetta l’esperienza delle persone per organizzazioni nazionali e internazionali, pubbliche e private.È docente di user experience design presso differenti realtà come IED, IULM, RUFA, LUISS, Università per Stranieri di Perugia, insegna e facilita corsi e workshop dove aiuta le aziende a ripensare il loro approccio ai clienti e alle persone interne.È autrice di Comunicare la User Experience (2011 Apogeo) e UX Domino Card, Radical Collaboration e Le carte di Designer in Gioco (2015, 2018, 2020 UXUniversity).[Comunicare la User Experience](https://www.amazon.it/Comunicare-Experience-Maria-Cristina-Lavazza-ebook/dp/B015368IDG/), [UX Domino cards](https://www.amazon.it/Domino-Cards-English-Cristina-Lavazza/dp/8894166414/), [Radical collaboration](https://www.uxuedizioni.it/book/radical-collaboration/), [Designer in gioco](https://www.amazon.it/Designer-serissimo-divertissement-ricerca-professionale/dp/8894166481/)Pubblica regolarmente sul suo [blog](https://www.mclavazza.it/) ma anche per riviste e giornali.È relatrice a convegni nazionali e internazionali sui temi del design partecipativo e dello human/customer centereddesign.> Penso che i prodotti siano un punto d’arrivo ma amo sopra ogni cosa i processi e le persone che li innescano.