Nella tempesta, come credenti abbiamo due possibilità: tacere, ed essere zavorra inutile, o proclamare Dio, e portare conforto e salvezza. Anche quando la tempesta è dentro di noi.
La settimana scorsa abbiamo concluso con Giona nella città di Iafo che pagava il biglietto per salpare verso Tarsis.
Abbiamo detto che Giona lo faceva per due ragioni: il timore di andare in una città di omicidi e perché trovava troppo inquietante la misericordia che Dio stava estendendo alla città di Ninive.
Un breve riassunto visivo delle azioni di Giona può essere visto guardando una mappa. La città natale di Giona è Gat-Efer. Ninive è il luogo in cui Dio ha chiamato Giona a fare l'annuncio. La città portuale di Iafo (l'attuale Giaffa) è il luogo in cui Giona si reca a prendere la barca. La località dove Giona era diretto è Tarsis, probabilmente in Spagna. Giona sta letteralmente andando nella direzione opposta... il più lontano possibile.
Che cosa fa il Signore a questo proposito? Il Signore manda una tempesta. Leggiamo Giona 1:4-16
"Il Signore scatenò un gran vento sul mare, e vi fu sul mare una tempesta così forte che la nave era sul punto di sfasciarsi. I marinai ebbero paura e invocarono ciascuno il proprio dio e gettarono a mare il carico di bordo, per alleggerire la nave. Giona, invece, era sceso in fondo alla nave, si era coricato e dormiva profondamente. Il capitano gli si avvicinò e gli disse: «Che fai qui? Dormi? Àlzati, invoca il tuo dio! Forse egli si darà pensiero di noi e non periremo». Poi si dissero l’un l’altro: «Venite, tiriamo a sorte e sapremo per causa di chi ci capita questa disgrazia». Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. Allora gli dissero: «Spiegaci dunque per causa di chi ci capita questa disgrazia! Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?»Egli rispose loro: «Sono Ebreo e temo il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terraferma». Allora quegli uomini furono presi da grande spavento e gli domandarono: «Perché hai fatto questo?» Quegli uomini infatti sapevano che egli fuggiva lontano dalla presenza del Signore, perché egli li aveva messi al corrente della cosa. Poi gli dissero: «Che dobbiamo fare di te perché il mare si calmi per noi?» Il mare infatti si faceva sempre più tempestoso. Egli rispose: «Prendetemi e gettatemi in mare, e il mare si calmerà per voi; perché io so che questa gran tempesta vi piomba addosso per causa mia». Tuttavia quegli uomini remavano con forza per raggiungere la riva; ma non riuscivano, perché il mare si faceva sempre più tempestoso e minaccioso. Allora gridarono al Signore e dissero: «Signore, non lasciarci perire per risparmiare la vita di quest’uomo e non accusarci del sangue innocente; poiché tu, Signore, hai fatto come ti è piaciuto». Poi presero Giona, lo gettarono in mare e la furia del mare si calmò. Allora quegli uomini furono presi da un grande timore del Signore; offrirono un sacrificio al Signore e fecero dei voti." (Giona 1:4-17)
Quando si scatena la tempesta Giona sa perfettamente perché. Non è la prima tempesta che vediamo nelle Scritture; anzi, la Bibbia ne è piena. Il profeta Geremia ne aveva annunciata una:
“Ecco, la tempesta del Signore! Il furore scoppia, la tempesta imperversa, scroscia sul capo degli empi. L’ira del Signore non si placherà, finché non abbia eseguito, compiuto i disegni del suo cuore; negli ultimi giorni lo capirete appieno.” (Geremia 23:19-20)
I marinai sono esperti di quel tratto di mare, e subito capiscono che non si tratta di una tempesta “normale”; nessuna nuvola, nessun vento, nessun temporale l'ha preceduta ed annunciata; è scoppiata così, all'improvviso.
E' per questo che, invece di remare, di lascare la randa, o di fare altro per governare la nave, si mettono tutti a pregare.
Si, ma quale dio pregare? Provenendo probabilmente da più parti del medio oriente ognuno ne aveva uno o più: quale era quello che si era adirato, e perché? “ È il dio del mare che è stato offeso? O il dio dei marinai? O il dio dei venti? Era il tuo dio o il mio?” Alla fine, tanto vale pregarli tutti!
Ma una cosa la fanno per governare la nave: gettano il carico in mare: era una mossa disperata, perché in pratica stavano gettando in mare il motivo per cui sarebbero stati pagati una volta a Tarsis. Ma dovevano alleggerire la nave, innalzare la linea di galleggiamento per farla stare un po' più in alto nell'acqua, in modo da avere meno possibilità che le onde la sommergessero.
E Giona dove è? Dov'è il profeta che sente la voce di Dio? Quello che sa esattamente qual è il Dio da pregare? Dove si trova? Cosa sta facendo? Semplicemente, dorme beato! Agli occhi del capitano che Giona non ci provi nemmeno. è un atto di assoluto egoismo e di totale disprezzo per tutti gli altri sulla nave
Avrebbe dovuto essere sul ponte a pregare assieme a tutti gli altri... pregare il suo dio, non dormire beato!
Guardate questi due versetti:
“La parola del SIGNORE fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, in questi termini: «Àlzati, va' a Ninive, la gran città, e proclama contro di lei che la loro malvagità è salita fino a me».” ( Giona 1:2)
“Il capitano gli si avvicinò e gli disse: «Che fai qui? Dormi? Àlzati, invoca il tuo dio! Forse egli si darà pensiero di noi e non periremo». (Giona 1:6)
In cosa si somigliano? Nella frase “ALZATI!” Capiamo che Giona è uno di quelli che preferisce NON fare... evitare, lasciare ad altri... Paolo parla di quelli come lui in Romani:
“Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunci?” (Romani 10:14)
Giona avrebbe potuto salire sul ponte, dire a tutti :”Un attimo, è inutile che preghiate a questi dei inesistenti: ora pregherò io il vero Dio, colui che può placare la tempesta!” Che testimonianza sarebbe stata? Quanti si sarebbero convertiti? Quanti avrebbero rinunciato ai falsi dei? Perché è vero, offrono un sacrificio a Dio... ma quale Dio? Un Dio che non conoscono, perché Giona, ancora una volta, fugge.
Due applicazioni per noi. La prima.
Quando vediamo altri nel pericolo che invocano altri dei, preghiamo assieme a loro, indicandogli il vero Dio, oppure dormiamo? Attenzione, perché nei momenti di pericolo, noi abbiamo sì Dio... ma spesso anche noi abbiamo una serie infinita di altri piccoli dei accessori... Il danaro, la fama, il sesso, l'amico potente... tutte cose che pensiamo possano “aiutare”, se non sostituire il vero Dio.
Come credenti siamo tenuti a salire sul ponte dove tutti ci vedono, e ci guardano, e a dare testimonianza di quale Dio sia in controllo di tutto.
La seconda. Ve la spiego con il versetto di Romani che viene prima di quello che abbiamo letto:
“...perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato...” (Romani 10:9)
Se abbiamo confessato con la bocca, e creduto col cuore, allora abbiamo libero accesso all'aiuto del Padre; si chiama: preghiera. Paolo afferma:
“Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti.” (Filippesi 4:6)
Ed ecco, Giona affronta una situazione che ha bisogno di preghiera. Giona si alza e va sul ponte... Ma mentre gli altri pregano...lui no. Non c'è traccia di Giona che parla a Dio.
Non cambia nulla quando non parliamo con Dio. Giona tace. La tempesta continua. Viene quindi attuata una nuova strategia. Opinabile. Tirare a sorte. Ma Dio la usa per puntare il dito su Giona
E inizia l'interrogatorio dei marinai per capire perché Dio ce l'ha con Giona: “Che tipo di lavoro fai? Da dove vieni? Qual è il tuo Paese? Di quale popolo sei?". Io me l'immagino come se a Giona piovessero addosso tutte le domande assieme, urlate nella tempesta. E Giona risponde a fatica:
“Sono un ebreo. Sono nato nella famiglia dell'alleanza di Dio e godo della speranza di essere adottato come figlio di Dio. Ho la legge, il culto del tempio e promesse che non sono state date a nessun'altra nazione. La mia terra è Israele, la terra promessa da Dio come suo luogo. Adoro l'Eterno, il Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra.”
I marinai erano contenti di prendere i soldi di Giona che stava scappando dal suo Dio... Ma adesso capiscono che Giona stava fuggendo da qualcosa di veramente importante, e anche se non conoscono quel suo Dio, lo temono, e lo incolpano: “Perché hai fatto questo?” gli dicono.
E' la stessa frase con cui Dio si rivolge ad Eva: (letteralmente la stessa nell'originale in ebraico):
“Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato»” (Genesi 3:13 CEI)
Eva credeva forse che Dio non avrebbe vista? Giona credeva forse che Dio non lo avrebbe seguito? Assurdo! Irrealizzabile! Ma anche noi, talvolta... spesso... facciamo lo stesso!
Se vi è di conforto (per me lo è) sappiate che siamo in buona compagnia... il grande re Davide è un nostro sodale:
“Davanti a te ho ammesso il mio peccato, non ho taciuto la mia iniquità. Ho detto: «Confesserò le mie trasgressioni al SIGNORE», e tu hai perdonato l'iniquità del mio peccato.” (Salmo 32:5)
Basterebbe che Giona si pentisse, ammettesse la colpa, pregasse chiedesse perdono, e tornasse al Signore... ma non lo fa... Nel capitolo 4 leggeremo queste parole:
"O SIGNORE, non era forse questo che io dicevo, mentre ero ancora nel mio paese? Perciò mi affrettai a fuggire a Tarsis. Sapevo infatti che tu sei un Dio misericordioso, pietoso, lento all'ira e di gran bontà e che ti penti del male minacciato.".(Giona 4:2)
Giona aveva capito il piano di Dio; salvare Ninive... e non gli piaceva! trovava troppo inquietante il pensiero della misericordia inattesa di Dio verso i Niniviti; non la voleva, non la accettava. quindi fugge, quindi rimane in silenzio.
E Giona, da credente, da figlio di Dio ribellandosi tacendo, diventa “altro”.
“I marinai ebbero paura e invocarono ciascuno il proprio dio e gettarono a mare il carico di bordo, per alleggerire la nave. Giona, invece, era sceso in fondo alla nave, si era coricato e dormiva profondamente.” (Giona 1:5).
"«Prendetemi e gettatemi in mare, e il mare si calmerà per voi; perché io so che questa gran tempesta vi piomba addosso per causa mia».". (Giona 1:12)
“Poi presero Giona, lo gettarono in mare e la furia del mare si calmò.” (Giona 1:15).
I marinai avevano gettato la merce che ormai era zavorra per alleggerire la nave; Giona in questo momento non è più un figlio di Dio... è “zavorra”, un peso inutile, un peso di cui ci si può disfare...
Mi chiedo quante volte sono stato solo zavorra perché non ho parlato con Dio, perché non ho parlato di Dio e perché ho disobbedito a Dio, e perché mi sono ostinato a non ammettere il mio errore.
Credere in Cristo, si va bene, ma seduto al posto di pilotaggio, vivendo a modo mio, facendo le mie scelte, seguendo i miei desideri e non cercando il Signore in queste decisioni. Sono un cittadino del cielo. Ma mi affido al mio denaro, alla mia carriera, al mio status, al mio lavoro, alla mia conoscenza, alla mia abilità e alla mia attenzione molto mondana. Non ho parlato con Dio di tutto questo.
Se faccio così, posso diventare “zavorra”. Zavorra che appesantisce la nave mia e degli altri, piuttosto che salvarla dalle onde.
E questo spesso succede perché non accettiamo che la misericordia imprevista di Dio è anche per noi, quando capisco di aver smesso di parlare con Dio e di affidarmi a lui.
E sarebbe bastato un “Perdonami! Ho sbagliato, avevi ragione tu, ritorno ad ascoltare e a parlare con te” e non sarei più stato zavorra.
Qual è la nostra identità? Non è quella di essere un peso; anche quando attraversiamo momenti di ribellione, di interrogativi irrisolti, di dubbio.
Forse è una crisi di fede. Forse siamo sopraffatti dagli eventi. Forse ci sentiamo come se le nostre parole rimbalzassero sul soffitto, e Dio ci avesse dimenticato.
E non riusciamo ad accettare che la misericordia inaspettata di Dio sia anche per noi, nei dubbi, nella ribellione, nel fuggire lontano...
Se, anzi, quando ci troviamo lì, continuiamo a parlare con Dio. Forse non sappiamo nemmeno cosa dobbiamo dire. Anche lì Dio, nella sua misericordia, ha coperto quella situazione.
“Nello stesso modo, anche lo Spirito Santo ci aiuta giorno per giorno nei nostri problemi e nelle nostre preghiere. Perché, in realtà, noi non sappiamo neppure per che cosa pregare, né pregare nel modo giusto, ma lo Spirito Santo prega per noi con tale sentimento, che non si può esprimere a parole.” (Romani 8:26 PV)
“Dio, eccomi... vorrei parlare... ma non ho le parole.” Lo Spirito di Dio dentro di noi dice: "Stai tranquillo, ci penso io".
Questa è la misericordia inattesa di Dio. Questa è l'identità di essere figli... amati, ricercati, compresi, aiutati, perdonati.
Giona non riuscì ad accettarla... ma noi non siamo Giona... e non vogliamo essere zavorra.
E non dobbiamo fare nulla di più che parlare al nostro Dio.
Preghiamo.
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