Nei primi mesi del 1924 il «pateracchio» compirà due anni, in metà dei Comuni ticinesi si tengono le elezioni sull’arco di alcuni mesi e non senza polemiche e cazzotti, le battaglie a palle di neve sono un problema sentito a Bellinzona, i tifosi del Lugano inseguono un arbitro, molti ticinesi emigrano in cerca di fortuna (non sempre trovandola), le auto stanno prendendo il sopravvento sulle strade e fascisti e socialisti litigano a mezzo stampa al punto da far intervenire il Consiglio Federale. Sono solo alcune delle notizie, grandi e piccole, che leggeremo nella Cara vecchia rassegna stampa, un nuovo podcast del Corriere del Ticino, ideato, scritto e letto da Federico Storni, giornalista di cronaca con il pallino della storia locale.
In questa sua prima stagione, per almeno otto puntate a cadenza settimanale, Storni leggerà con approccio tendenzialmente naïve le notizie relative al Ticino tratte da cinque quotidiani dell’epoca: Gazzetta Ticinese e il Dovere, organi del Partito liberale radicale; Popolo e Libertà, organo del partito conservatore; Corriere del Ticino, che già allora si definiva indipendente; e Libera Stampa, organo del partito socialista.
Approccio naïve in quanto Storni ha deciso di partire proprio dai giornali, approfondendo solo dopo averli appresi «in diretta» i temi e i personaggi. Conduttore e ascoltatore cresceranno dunque insieme.
Scopo della CVRS è però innanzitutto intrattenere (i giornali dell’epoca sono spesso divertenti e divertiti), mostrando al contempo come si viveva dalle nostre parti cento anni fa, quali erano le sfide a cui erano confrontati i nostri avi e come i giornali le raccontavano e trattavano il discorso politico. L’epoca è per certe cose sorprendentemente familiare e per altre sorprendentemente aliena e apprezzare le differenze rispetto al nostro tempo – vedere cosa abbiamo guadagnato, o perso – può anche aiutare a dare un senso a ciò che siamo oggi. Si tratta di articoli ancora in grado di dire qualcosa di noi.
Il 1924 è anche inserito in un periodo ricco e interessante della storia ticinese. A livello politico erano infatti i primi anni del Governo di paese – il «pateracchio» di cui a inizio articolo, per usare l’espressione dispregiativa per definirlo – cioè gli anni in cui grazie al passaggio dal maggioritario al proporzionale le minoranze riuscirono a strappare il potere ai liberali che lo detenevano da diversi anni, dopo averlo preso con la forza nel 1890 (con il consigliere di Stato conservatore Luigi Rossi morto ammazzato sull’uscio di Palazzo delle Orsoline e l’intervento del Consiglio Federale che impone un governo di compromesso con a capo Agostino Soldati, fondatore l’anno dopo del CdT). Ora al potere vi sono i conservatori, grazie a un patto stretto con i socialisti e gli agrari (gli avi dell’odierno UDC), benché la maggioranza relativa sia ancora liberale e i liberali in generale controllino le città. Sono, in altre parole, i primi anni del consociativismo. Gli anni in cui il Ticino – e la Svizzera tutta, che adottò il proporzionale nel 1919 – imparò a portare a casa i risultati collaborando.
Ma – e allarghiamo lo sguardo – sono anche gli anni fra due guerre (certo, allora non lo si immaginava) e, sull’uscio di casa, della presa del potere del fascismo e di Mussolini. Una presa del potere vista con una certa benevolenza, almeno fino a lì, dai due giornali liberali e dal CdT. Poi le cose cambieranno, anche grazie a degli episodi del 1924 che, argomentano alcuni storici, furono decisivi per il radicamento dell’antifascismo nel nostro cantone, di cui peraltro Libera Stampa è stata la prima espressione in lingua italiana in assoluto.
Quali, lo scopriremo insieme, se avrete il piacere di seguirci in queste puntate. Buon ascolto! read less