Donne di mala

Il Messaggero

Calcolatrici e spietate. Agguerrite e spregiudicate. Non sono solo mogli, madri, sorelle e compagne, sono donne cresciute in un abisso che non rinnegheranno mai. Convinte di essere nel giusto in un mondo dove sono altre le leggi da rispettare e far rispettare. Ma soprattutto da tramandare e insegnare.

Maria Licciardi, Aurora Spanò, Patrizia Messina Denaro, Angela Di Trapani, Rosetta Cutolo, Cinzia Lipari, Angela e Teresa Strangio: Donne di mala che per anni hanno governato o aiutato alcune delle più note organizzazioni mafiose italiane. Donne che hanno cresciuto ed allevato i figli inculcando loro quei disvalori che fanno delle associazioni criminali italiane un unicum mondiale. Perché come nelle famiglie, sono loro il “nocciolo” duro dell'organizzazione. Dalla 'ndrangheta alla camorra, fino a cosa nostra.

Donne al vertice che prendono il posto di mariti, padri, fratelli e compagni carcerati e mandano avanti gli affari dei clan, le estorsioni, lo spaccio. Comandano agguati, si fanno scivolare addosso gli omicidi che servono per ristabilire l'ordine, quando questo viene incrinato da faide e guerre. Vestono gli abiti di “messaggere” per portare fuori dalle case circondariali gli ordini dei boss confinati al 41bis. Sfregiano i volti di chi non paga i debiti usurai o si permette il lusso di offendere e deridere le proprie persone. Dodici come gli apostoli, dodici come il numero che simboleggia l'unità, dodici Donne di mala che neanche da dentro una cella hanno mai guardato al loro passato provando pentimento e vergogna.

Dodici puntate, ognuna dedicata a una donna di mala, raccontate da Camilla Mozzetti con l'Arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato. read less
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Episodi

Angela Di Trapani - La "picciridda" di cosa nostra
07-02-2023
Angela Di Trapani - La "picciridda" di cosa nostra
Da picciridda Maria Angela Di Trapani avrebbe voluto studiare, crearsi un futuro affrancandosi da quella famiglia che già negli anni ottanta comandava in una zona di Palermo. Lo dirà il fratello in una delle tante intercettazioni captate in carcere: "Maria Angela era brava poi però ci ha dovuto seguire" perché sia lui che il padre erano latitanti. E questo non fa di lei una persona "nobile" ma una persona debole. La Di Trapani, nata a Cinisi nell'aprile del 1968, sposerà poi uno degli appartenenti alla famiglia Madonia che nel quartiere di Resuttana aveva, alla stregua dei Di Trapani, il proprio peso. Da lì inizierà il suo percorso che la vedrà non solo "messaggera" prediletta del volere dei capi mandamento rinchiusi al 41 bis e il territorio ma anche abile e credibile interlocutrice all'interno di cosa nostra. La racconta in questa nuova puntata di Donne di Mala, il tenente colonnello Antonello Parasiliti, a capo del reparto anticrimine del Ros - il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri - di Palermo. Maria Angela Di Trapani prenderà parte alle decisioni che contano, come l'eliminazione di un capo mandamento quale Giovanni Bonanno. La Di Trapani parlerà per conto della propria famiglia con i vertici di cosa nostra, gestirà le risorse economiche della famiglia e non si pentirà. Nell'ultimo arresto datato 2017, uscirà di casa, con le manette ai polsi, il volto scoperto e lo sguardo alto. Quello di chi crede di essere nel giusto.
Nella Serpa e la sua "Tela di ragno"
24-01-2023
Nella Serpa e la sua "Tela di ragno"
Paola, in provincia di Cosenza, è una piccola cittadina che si affaccia sul mar Tirreno. Qui, per un reiterato errore storico, si crede che la 'ndrangheta non abbia messo radici ma la storia di Nella Serpa racconta tutt'altro. Chi la conosceva prima ancora che decidesse di scalare l'omonima cosca mettendo da parte cugini e parenti, non avrebbe scommesso su di lei. La chiamavano la "bionda" per via dei suoi capelli chiari e per il colorito della carnagione. Docile all'apparenza riuscì, animata da una sete di vendetta, a diventare l'unico capo della cosca. Strinse alleanze con famiglie criminali di Cosenza, coprì latitanze e foraggiò l'acquisto di armi al fine solo di avere poi le spalle coperte. E quando le ammazzarono il fratello, decise di vendicarsi e ci riuscì: il mandante di quell'omicidio fu crivellato di colpi mentre si trovava in un ristorante su quella statale che da Scalea costeggia tutta la costa, uno degli esecutori fu fatto a pezzi e buttato in una porcilaia. Nella Serpa voleva "firmare" quegli omicidi ma dovette "accontentarsi" di restare a guardare: non è bene, in certi contesti, che i capi si sporchino le mani. La sua storia la raccontiamo con il Tenente Colonnello Giovanni Migliavacca a capo del Ros - il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei Carabinieri - di Catanzaro. Nella Serpa tuttavia anche per quegli omicidi nonché per i reati di estorsione e associazione mafiosa è stata condannata all'ergastolo. Non si è mai pentita. E' tuttora detenuta al 41bis nel carcere di massima sicurezza de L'Aquila.
Teresa ed Angela Strangio: le sorelle della strage di Duisburg
10-01-2023
Teresa ed Angela Strangio: le sorelle della strage di Duisburg
"Due donne minute, curate, di bell'aspetto, spigliate del tutto lontane da quello stereotipo di ragazze cresciute in un piccolo paese della Locride, come San Luca". Con queste parole il dottor Alfonso Iadevaia, dirigente della Squadra Mobile di Reggio Calabria descrive le sorelle Strangio. Teresa ed Angela sono due dei cinque figli di Antonio Strangio. Di lui più che le personali vicende criminali si ricorderà solo questo: il nome della sua famiglia che con i figli al comando identificherà una delle cosche più pericolose di 'ndrangheta. Quella che poi firmerà la strage di Duisburg. Tra questi figli ce ne sono due che, apparentemente irrilevanti dal punto di vista criminale, si riveleranno invece due astute, fedeli e convinte servitrici della cosca. Crescono all'ombra dei fratelli ma giovanissime sposeranno due uomini che ben presto le trascineranno o quantomeno le coinvolgeranno in attività illecite. Teresa Strangio nasce il 21 dicembre 1976 a Locri, la sorella, Angela, è di qualche anno più piccola, classe 1980.Nell'informativa della Squadra Mobile di Reggio Calabria del 29 settembre 2009 sulla strage del 15 agosto 2007 diverse pagine sono dedicate a queste due sorelle all'interno di una riflessione più ampia sul ruolo della donna in contesti 'ndranghetisti. Nelle carte si legge: "Esse, ovvero le donne di 'ndrangheta, non sono solamente consapevoli, ma condividono appieno le strategie criminali del clan, partecipando alla realizzazione di quei programmi; sono madri, mogli, figlie, sorelle e cognate che si adoperano per trasferire i latitanti, per trattare l’acquisto di armi, per gli ingenti flussi di denaro, ricavi delle attività illecita. La moglie di un boss latitante è di fatto il suo alter ego, colei che rappresenta quel potere fondato sul riconoscimento di un rispetto indiscutibile". E Le sorelle Strangio raffigurano tutto ciò che è stato descritto: abili strateghe di metodi gestionali della famiglia e laeder indiscusse nel dare ausilio ai propri uomini nel compimento dello loro attività criminali.
Le donne di Matteo Messina Denaro Parte I, Maria Mesi
27-12-2022
Le donne di Matteo Messina Denaro Parte I, Maria Mesi
Maria Mesi è nata a Palermo, l'11 novembre 1965. Per alcuni anni è stata la compagna del superlatitante Matteo Messina Denaro. Verrà processata con l'accusa di favoreggiamento proprio perché a metà degli anni novanta aiutò Denaro a nascondersi. Che ci fosse un legame tra lei e il ricercato, emerse anche da alcune lettere che la donna scrisse al Denaro in cui, oltre all'amore, traspariva il suo interesse nel fare in modo che all'uomo non mancasse nulla, compresi i viveri.Nella sentenza della Corte di Appello di Palermo si legge anche come la donna avesse messo a disposizione del latitante altri due appartamenti che si trovavano a Bagheria, in via Puglisi 10 e in via Mattarella 65. I contratti di fornitura dell'Enel che poi furono chiusi nel 1995 e nel 1996 erano stati formalmente intestati a Graziella Ferrara, un'amica della Mesi, senza che quest'ultima abitasse di fatto in questi immobili. La difesa della Mesi provò a smontare le accuse, partendo dal fatto che in nessuna occasione fu accertata la presenza del latitante in questi appartamenti.I legali della donna provarono anche a sconfessare che le lettere d'amore trovate nel groviglio dei pizzini fossero state scritte dalla loro assistita ma furono svolte delle perizie che consentirono di verificare una concordanza delle caratteristiche generali, come la pressione, la dimensione, i rapporti proporzionali , la spaziatura. Insomma le lettere non potevano avere altri autori, poi ci furono le testimonianze di alcuni collaboratori fino a La Corte d'Appello confermò la sentenza del tribunale di Palermo emessa il 29 marzo 2001. Attualmente, dopo aver pagato il suo conto con la giustizia, è una donna libera. Non ha mai confessato il legame con il superlatitante.
Aurora Spanò, la "marescialla" della cosca Bellocco
13-12-2022
Aurora Spanò, la "marescialla" della cosca Bellocco
Nel contesto malavitoso calabrese la ricordano ancora come la "marescialla" ma si chiama Aurora Spanò. Lei, donna minuta ma donna di mala, è stata capace di tenere per anni le fila di una delle più note e potenti cosche di 'ndrangheta.Nata a Rosarno il 25 gennaio 1947 diventa infermiera e presta servizio nel piccolo ospedale di Polistena, cittadina di neanche 10 mila anime nell'entroterra calabrese. Poi però scala la vetta della famiglia Bellocco, che a suon di estorsioni, narcotraffico, usura ha imposto il suo controllo non solo nella piana di Gioia Tauro. Ramificazioni se ne sono contate in giro per l'Italia ed anche all'estero – dal Libano alla Grecia - e solo il 13 dicembre 2022 un'altra grande operazione coordinata dalla Dda di Reggio Calabria ha portato il gip a emettere contro la cosca 63 ordinanze: 47 persone sono finite in carcere, 16 ai domiciliari mentre per altre due è stato disposto l'obbligo di dimora. Altre 13 misure cautelari sono state emesse su richiesta della Procura di Brescia che ha coordinato un'indagine collegata a quella calabrese.Ormai settantenne, Aurora Spanò è stata comunque un personaggio di primo piano della cosca. Nel piccolo paese di San Ferdinando nulla si muoveva senza che lei fosse d'accordo. Che si trattasse di aprire un locale o prendere in affitto un appartamento: era Aurora che dava o meno il via libera. Di mano dura anche nella riscossione dei crediti da parte dei debitori, si fece "recapitare" a casa la sorella di alcuni imprenditori taglieggiati e le fece capire, a suo modo, che i fratelli dovevano rientrare altrimenti ci sarebbero stati dei problemi. La Spanò entra nella cosca dei Bellocco unendosi, dopo un primo matrimonio a Giulio Bellocco, al vertice della consorteria. Non lo sposerà mai però e si vendicherà anche di chi proverà a deridere la sua condizione in un contesto sociale dove la "compagna" di un uomo non merita il "rispetto" che si deve solo alle mogli. E comanderà anche dentro il carcere, con la stessa forza e arroganza proprie dei boss costringendo compagne di cella a servirle il pranzo o a pulire i sanitari. Questo e molto altro è raccontato dal Maggiore Diego Berlingieri, a capo del Ros – il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei Carabinieri – di Reggio Calabria.
Chi sono le Donne di Mala
06-12-2022
Chi sono le Donne di Mala
Che volto ha il male, quello che si perpetra nella convinzione di essere nel giusto? Quello che si tramanda e si difende? Non sono solo gli uomini a tenere le redini di clan di camorra e cosche di 'ndrangheta. A volte al loro posto - perché arrestati o condannati oppure perché latitanti - arrivano le donne. In alcuni casi con sguardi docili e lineamenti gentili in altri con la ferocia di cui neanche gli uomini più violenti sono capaci, hanno comandato punizioni e omicidi, portando avanti gli affari criminali e soprattutto impartendo ai loro figli quei disvalori che fanno delle associazioni mafiose italiane un "unicum" mondiale. Perché sono loro il "nocciolo duro" di decine di famiglie mafiose, sono loro l'architrave su si cui reggono intere consorterie. Custodiscono il male, quello che non si rifugge né si rinnega neanche quando arrivano gli arresti e poi le condanne definitive che le vedono colpevoli di associazione mafiosa e per questo sottoposte al carcere duro. In questo primo podcast di "Donne di Mala" con il contributo di Marco Garofalo, direttore della prima Divisione del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, e del colonnello Lucio Arcidiacono, a capo del I Reparto investigativo Servizio Centrale del Ros, il Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei Carabinieri, parleremo delle profonde analogie ma anche delle differenze che legano dodici figure femminili che per anni hanno governato clan, famiglie e organizzazioni mafiose al posto degli uomini. Dalla Calabria alla Sicilia fino alla Campania. Tratti comportamentali unici e ricorrenti posti alla base di azioni criminose alcune sfociate poi anche in condanne all'ergastolo. E quella difesa imperterrita dell'omertà che lega e unisce queste dodici figure, nessuna delle quali ha mai mostrato pentitismo.Nelle prossime settimane racconteremo tra le altre Aurora Spanò, la "marescialla" dei Bellocco, una delle più note cosche di 'ndrangheta che per anni ha tenuto in mano e fatto affari d'oro non solo nella piana di Gioia Tauro, racconteremo Maria Serraino, meglio conosciuta come "mamma eroina" che sempre dalla Calabria arrivò in Lombardia e creò a Milano una delle più note organizzazioni criminali legate al traffico degli stupefacenti. E poi ancora Rosetta Cutolo a capo della nuova camorra organizzata, Cinzia Lipari, la "messaggera" di Bernardo Provenzano. Ci sarà tempo per raccontare le donne del super latitante Matteo Messina Denaro - la sorella Patrizia, la prima fidanzata Maria Mesi - le sorelle Angela e Teresa Strangio che coprirono e aiutarono la latitanza di chi firmò la "strage di Duisburg". Ci sarà tempo per raccontare la ferocia di Nella Serpia, altra donna di 'ndrangheta, che mossa dalla sete di vendetta fece trucidare il responsabile dell'omicidio del fratello sotto ai suoi occhi.Dodici come gli apostoli, dodici come il numero che simboleggia l'unità, dodici figure femminili che non hanno mai combattuto l'abisso.