27-03-2024
Tavolette di cera? No, esseri umani
di Federico Tulli - Di fronte a un delitto violento e così diffuso nella società civile come la pedofilia, io sono convinto che per comprenderne le motivazioni, organizzare una seria prevenzione a tutti i livelli e anche per fare seria informazione e divulgazione, occorra certamente dare un’adeguata copertura mediatica dei casi - facendo ben attenzione a non scadere nel morboso per vendere qualche copia in più - ma è fondamentale rivolgersi agli esperti. «La cosiddetta ‘pedofilia’ – letteralmente ‘amore per il bimbo’, ma tutto è fuorché amore e sessualità, è un attentato alle capacità della vittima di fidarsi degli altri, di sentire e pensare – è una storia che ha sempre tre componenti: la vittima, l’aggressore e l’ambiente in cui si verifica l’abuso», mi racconta la psichiatra e psicoterapeuta Annelore Homberg, presidente di Netforpp Europa Network Europeo per la Psichiatria Psicodinamica.
«È ormai risaputo che nella maggior parte dei casi la violenza avvenga in famiglia. Premetto che all’estero esistono anche consultori per uomini con tendenze ‘pedofile’ che vorrebbero essere aiutati a non attuarle, ma in Italia questo concetto non si è ancora diffuso. Perciò noi psichiatri vediamo, nell’ambulatorio pubblico oppure nello studio privato, soprattutto le vittime: il bambino o l’adulto che è stato abusato da bambino. Sullo sfondo la persona che ha aggredito, lo zio, il padre, il nonno, il nuovo compagno della madre, ma c’è anche il resto della famiglia, i parenti della vittima – molto spesso la madre – che proprio non hanno visto o che hanno fatto finta di non vedere». Della famiglia, di certe famiglie molto credenti in un certo senso fa parte anche il prete della parrocchia dove i figli seguono la messa, si preparano alla comunione e così via.
«Molte volte», racconta l'esperta, «quando sento queste storie, ho l’impressione che a livello latente ci sia una connivenza, una complicità della madre, o chi per lei, con il violentatore. C’è un essere d’accordo con l’intento che il bambino vada in qualche modo distrutto, nel senso che non deve uscire psichicamente indenne dall’infanzia e dalla pubertà». È un tema complesso e doloroso ma, osserva la dottoressa Homberg, va affrontato se si vogliono capire le dinamiche vere della cosiddetta pedofilia. «Se si estende questa considerazione al caso specifico della Chiesa cattolica», prosegue la psichiatra «possiamo dire che l’istituzione ecclesiastica rientri nella categoria del terzo elemento della triade, quello della ‘madre’ che preferisce non vedere. Oppure, se vede, arriva a sostenere che la vicenda non ha nessuna importanza in confronto alla storia della Chiesa».
Quando qualcuno punta loro il dito contro, come ad esempio ha fatto nel 2014 l’Onu nel caso della violazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia, sembra quasi che dicano ‘ma cosa mai sarà successo?’. «È vero. Inoltre siamo in presenza di un fenomeno che è oggettivamente irritante per qualsiasi cittadino di un paese democratico. C’è un paese in Europa, lo Stato del Vaticano, c’è un’istituzione religiosa, la Chiesa cattolica, che si arroga il diritto di porsi al di sopra e al di fuori delle leggi ‘laiche’ dei singoli Stati. Pretende di fatto di poter costituire uno Stato a sé stante dentro gli altri Stati. Questo fenomeno non si vede solo in Italia, c’è lo stesso problema anche in altri paesi meno monopolizzati dalla Chiesa cattolica come la Germania. Si ha la sconfortante impressione che le gerarchie ecclesiastiche, forse perché sono ancora legate a un modello teocratico medioevale o di monarchia assoluta, siano incapaci di comprendere alcuni concetti moderni come quello di istituzione democratica o di Stato di diritto. Pertanto tranquillamente sostengono che il trattamento di questi che sono dei gravi reati commessi contro cittadini di un determinato paese, e come tali perseguiti dalla giurisdizione di questi paesi, siano in realtà una loro prerogativa da risolvere all’interno della Chiesa stessa,