Il DISASTROSO fallimento del SUPERTEAM ||| INCUBO Lakers 2012-2013

Cronache di basket

20-01-2023 • 17 minuti

«Questo è uno dei quintetti più talentuosi della storia della Nba». (New York Times)  «Non solo ci aspettiamo che vincano il titolo, ma che lo facciano all’insegna dei record». (Espn)  Queste sono soltanto due delle previsioni che la stampa specializzata aveva prodotto alla vigilia della stagione Nba 2012-13. Riguardavano entrambe la stessa squadra, i Los Angeles Lakers. Chi ricorda bene quell’annata sa già di cosa sto per parlare, chi invece ha la memoria corta, non seguiva l’Nba o aveva semplicemente meglio da fare, può allacciarsi le cinture, perché quello che sto per raccontarvi è uno dei fallimenti più fragorosi della storia della lega. Questo è il disastro dei Los Angeles Lakers 2012-2013.  LE PREMESSE  Campioni Nba nel 2010 agli ordini di Phil Jackson e semifinalisti di conference un anno più tardi sempre guidati da coach Zen, i Lakers avevano iniziato la loro trasformazione nella stagione 2011-12, con Mike Brown in panchina, il tutto dopo aver visto sfumare per volontà di David Stern la trade che avrebbe portato a Los Angeles, sponda gialloviola, Chris Paul. La semifinale di conference persa contro gli Oklahoma City Thunder, futuri finalisti, era parsa una buona base da cui ripartire, pur con alcuni tasselli da sistemare. Il primo, e forse il più importante, nel ruolo di playmaker: quello di CP3, appunto. Dopo anni improntati sull’attacco a triangolo, caro a Jackson e a Tex Winter, l’introduzione della Princeton Offense voluta da Mike Brown richiedeva un play di caratura leggermente diversa rispetto a Ramon Sessions e Steve Blake. Il secondo, invece, riguardava il centro titolare. Andrew Bynum era reduce dalla sua migliore stagione in carriera per punti e rimbalzi, ma a preoccupare i Lakers c’erano due motivi che poco avevano a che fare con il suo talento: la prospettiva di perderlo in caso di mancato rinnovo del contratto e alcune grosse preoccupazioni sulle condizioni delle sue ginocchia.   L’11 luglio, i Los Angeles Lakers annunciano di aver chiuso una trade con i Phoenix Suns: Steve Nash arriva in gialloviola in cambio di due prime scelte e due seconde scelte. Già da qualche anno, l’ex MVP deve convivere con problemi alla schiena: capita di frequente di vederlo seduto o addirittura sdraiato sul parquet durante le soste in panchina. Ha compiuto 38 anni, il passo non è quello degli anni in cui riusciva a dominare la lega, ma rappresenta certamente un upgrade rispetto alla stagione precedente.  Il 10 agosto, un mese dopo la firma di Nash, arriva un altro scambio. Stavolta è un terremoto per la lega. Sono coinvolte quattro squadre. Gli Orlando Magic ricevono Al Harrington, Arron Afflalo, Moe Harkless, Nikola Vucevic, Josh McRoberts, Christian Eyenga, tre prime scelte e una seconda scelta. Ai Denver Nuggets arriva Andre Iguodala. Philadelphia abbraccia Jason Richardson e Andrew Bynum, l’elemento principale sacrificato dai Lakers per arrivare a Dwight Howard. Miglior difensore dell’anno dal 2009 al 2011, miglior rimbalzista dal 2008 al 2010, miglior stoppatore nel 2009 e nel 2010, Howard arriva con due grossi punti interrogativi nonostante il curriculum: la ripresa fisica dopo l’infortunio che lo aveva costretto a saltare quasi metà stagione e il futuro contratto. Howard, infatti, è in scadenza a fine anno e potrà valutare le offerte da free agent. I Lakers, in sostanza, decidono di fare all-in: una stagione ai massimi livelli per dare l’assalto al titolo, poi si vedrà. Nello scambio arrivano anche Earl Clark e Chris Duhon. A posteriori, l’unica scelta azzeccata si rivelerà quella di scaricare Bynum: giocherà solamente 26 partite in carriera dopo la trade prima di ritirarsi.

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