23-08-2023
6. Ri-conosciamo i fiumi: sono pieni di futuro
«Oggi non sappiamo più cos'è un fiume. Non sappiamo cos'è un meandro, una golena e il significato di altre parole meravigliose che gli appartengono», dice Paolo Pileri. Professore di Pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano, Pileri è a capo di un progetto che vuol provare a restituire al nostro fiume per eccellenza, il Po, un ruolo centrale nella vita delle comunità che gli stanno intorno: la realizzazione di un'infrastruttura ciclabile di 700 km che va da Venezia a Torino. Vuol provare, in altri termini, a fare in modo che un fiume non sia una minaccia – come nelle recenti alluvioni in Emilia-Romagna – ma una risorsa.Qualcosa di simile è accaduto lungo le sponde dell'Esino, il secondo fiume delle Marche, tra Castelplanio e Serra San Quirico. Da un'inondazione del 1990 è nata l'idea di Enrico Loccioni, Cavaliere del Lavoro dal 2015 e presidente di una multinazionale nei sistemi di misura e controllo, di recuperare un tratto di due chilometri per produrre energia idroelettrica e nel quale far sorgere, tra l'altro, la prima comunità di lavoro ecosostenibile in Italia, a impatto zero.Ma avere cura delle acque interne, prima ancora di riqualificarle, significa proteggerle dalle inevitabili conseguenze della produzione. Come fa da tempo, nel Biellese, uno dei più antichi lanifici al mondo, Vitale Barberis Canonico, di cui il Cavaliere del Lavoro Alberto Barberis Canonico è stato a lungo presidente: fin dagli Anni 80 si è dotato di uno dei primi impianti di depurazione dalla lavorazione dei filati, che oggi è in grado di trattare circa 1.200 metri di reflui al giorno.
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