Crêuza de mä - Crêuza de mä, il podcast

Creuza de mä, il podcast

07-05-2024 • 4 minuti

Crêuza de mä è un movimento lento, continuo, rassicurante. L’undicesimo album in studio di Fabrizio De Andrè è un insieme di suoni capaci di cullarti con l’inusuale potere di trasportarti esattamente dove vorresti essere. Per meglio comprendere il significato del brano, ci toccherà fare qualche passo indietro e partire proprio dall’inizio, rappresentato in questo caso dalla traduzione dell’espressione “Crêuza de mä”. La versione maggiormente accreditata racconta della “Creuza” come di strada suburbana che delimita i confini di proprietà e che conduce dall’interno verso il mare. Composto interamente in genovese sfida la comprensione di chiunque, almeno al primo ascolto, dell’intero testo. Perfino degli stessi genovesi. De Andrè fu chiaro e illuminante nella sua risposta al “In che lingua hai cantato?” “In una lingua del sogno che suonasse come idioma comune a tutti i popoli del Mediterraneo. Anche quella speranza si è rivelata un sogno.” Un viaggio intenso, dunque, quello che ci propone questo lavoro discografico dai temi di un’attualità pungente: il mare, il viaggio, le passioni. Il brano racconta del ritorno a terra di alcuni pescatori che si rintanano nella Taverna di Andrea, ad “asciugare le ossa.”. Sono questi uomini per definizione mal fidati ad aprire la strada agli altri protagonisti del disco con i quali condivideranno il medesimo destino sgarbato. Nulla viene lasciato al caso, dalle prime note della gaida macedone, una sorta di cornamusa che, come un banditore, scandisce l’inizio del viaggio fino alle voci di mercato sul finale, in particolare della signora Caterina. E’ lo stesso De André a raccontare l’aneddoto che la riguarda: “La fortuna è stata di trovare la Caterina, una donna che vende il pesce, che canta in re maggiore da sempre, ovviamente senza saperlo, per cui sembra che lei canti sul pezzo. Noi lo abbiamo sistemato finché non è stato perfetto e musicale.” I pescatori arrivano da lontano, da un punto non identificato che rappresenta proprio l’assenza di confini che offre il mare. Gli uomini infatti sono consci del proprio destino, del loro perenne navigare e di questa conseguente incertezza che continuerà a muoversi sotto i loro piedi sotto forma di acqua. Conducono un viaggio senza fine, carico della rassegnazione che offre la costrizione, per cui ogni sosta rappresenta una breve ma necessaria occasione per ubriacarsi e portarsi via da quel ciclico ripetersi di avvenimenti. Dopo l’approdo, il brano prosegue con una serie di alimenti che passano e restano sulla tavola imbandita: un piacere intenso ma fugace, forse un altro riferimento ai piaceri della vita. Si evocano odori e profumi della cucina ligure che sono un punto fermo, un ritrovarsi, un modo di rinnovarsi senza perdere le proprie radici. I marinai, legati al mare da una corda marcia d’acqua e sale, devono riprendere il loro incerto navigare. Dopo aver goduto di cibo, vino e piccole e immancabili certezze, non possono sottrarsi al loro destino. Lo sa bene De André, ce lo aveva già detto. “E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita” cantava riferendosi a Jones il suonatore. Crêuza de mä sarà colonna sonora dell’inaugurazione del Viadotto Genova San Giorgio, sorto sulle spoglie del Ponte Morandi, nell’agosto del 2020, in una versione contenente ben diciotto voci di artisti per omaggiare Fabrizio e Genova. ----------------- Curato da Lucia Lamboglia e con la voce di Simona Atzori. Per la bibilografia cliccare qui: https://faber.deand.re/podcast/creuza-de-ma/