«Rebuilding Trust in the Future» è stato il tema dell’ultima edizione del Forum economico mondiale, che si è tenuto come ogni anno a Davos. La formula è suonata da subito vaga in una congiuntura segnata da una sequenza vertiginosa di emergenze e dal terremoto che sta scuotendo la globalizzazione. Eppure, il meeting ha continuato a offrire il suo profilo "migliore", un allestimento di retorica astratta, incapace di aggredire i nodi di questo tempo: dall’emergenza ambientale alla crisi delle filiere produttive globali. Ma il Forum ha due facce. E quella nascosta coincide con un formicaio brulicante di accordi sottobanco tra aziende e Stati, e di scambi d’interesse che restano strettamente privati. L’ambivalenza di Davos è uno specchio fedele del presente, delle contraddizioni che lo attanagliano e dell’inerzia che esclude ogni occasione di cambiamento.
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