Atto II: La vita quotidiana

Oppressi & Oppressori - gioco di ruolo

15-05-2023 • 16 minuti

RICAPITOLANDO: Atto I è stato letto? I Luoghi sono stati tracciati con lo scotch e la loro storia è stata narrata? Ogni personaggio appartiene a un gruppo di Legami? Allora siete pronti a continuare!

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Uno alla volta, pescherete una Carta Ruolo e la leggerete in silenzio. Solo quando tutti avranno pescato e letto, sarete pronti a cominciare.
La Carta Ruolo affiderà a ciascuno un compito da svolgere, un’attività che rappresenta il contributo di ogni abitante alla vita quotidiana del paese. Se la Carta luogo vi ha assegnato una passione da condividere, la Carta Ruolo vi indicherà il mestiere che svolgete da soli.


Giocherete tutti in contemporanea, perciò ognuno dovrà trovare il momento di svolgere il proprio compito e dedicare il resto del tempo ad assecondare gli altri. Come ingranaggi di un meccanismo.

Questa, però, non è una macchina perfetta. Non abbiamo nomi per chiamarci e ci sarà un po’ di confusione, è inevitabile. Ogni personaggio dimostrerà di avere una funzione sociale, ma anche un difetto che lo rende umano: spetta al giocatore che lo interpreta farlo emergere.
Alcune Carte vi inviteranno a ricordare i Legami e sarà importante interagire anche con i Luoghi.
Proseguirete fino allo scadere del tempo.


Ascoltate la narrazione e cominciate:
Se il racconto mi è venuto bene, dovreste riuscire a vedere lo scheletro del paese. Anche a occhi chiusi: qui c’era questo, là quest’altro... La carne e il sangue, però, siamo sempre stati noi. I suoi abitanti. Ognuno con il suo ruolo, la sua ragione per svegliarsi la mattina. Non andavamo sempre d’accordo, questo no, ma del resto anche i muscoli lavorano per opposizione. In fondo amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono.

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A COSA PRESTARE ATTENZIONE: in Atto II è importante evitare che la confusione prenda il sopravvento e i giocatori si allontanino troppo dalla finzione narrativa. È un momento di sfogo, dove nessuno è sotto i riflettori dello sguardo altrui, ma è anche il momento di entrare nel personaggio, non di uscirne.