Gli uomini comuni che divennero carnefici

pagine di storia

28-07-2020 • 21 minuti

È l'alba del 13 luglio 1942 quando il Battaglione 101 della Riserva di Polizia tedesca entra nel villaggio polacco di Józefów: i soldati rastrellano circa 1800 ebrei, la gran parte dei quali (compresi donne, vecchi e bambini) sono subito uccisi. A compiere il massacro, il primo di una lunga serie, sono uomini non necessariamente nazisti e neanche fanatici antisemiti. Ciò non impedì loro di uccidere molti altri ebrei e di contribuire alla loro deportazione nei campi di sterminio.  Cosa pensavano, mentre partecipavano alla soluzione finale? Come giustificavano il proprio comportamento? E soprattutto, per quale motivo furono cosí spietatamente efficienti nell’eseguire gli ordini? Per fede nell’autorità, per paura della punizione? Nel suo libro Uomini comuni, pubblicato in Italia da Einaudi e presentato da Anna Foa nel nuovo appuntamento con "pagine di storia", lo storico americano Christopher Browning dà questa spiegazione: un uomo comune può diventare il peggior assassino per puro spirito di emulazione e desiderio di carriera. Sentimenti solo in apparenza innocui e invece determinanti nell'evoluzione del progetto di annientamento ebraico per mano nazifascista.

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