Claudio Damiani legge Claudio Damiani [Il podcast di Fazi Editore]

Fazi Editore

Per il 17 febbraio, festa nazionale del gatto, il poeta Claudio Damiani ha raccolto ventidue poesie dedicate ai suoi gatti.
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Episodi

Questa notte ho sognato il mio gatto
16-02-2022
Questa notte ho sognato il mio gatto
Questa notte ho sognato il mio gatto che m’è scappato, da un po’ di tempo e non è più tornato. M’è comparso nel sogno e gli ho detto subito: «Sai che vicino al centro estivo di Antonio ti ho visto due volte ma non eri tu, credo, gli assomigliavi ma eri più magro, il colore del pelo identico, quello degli occhi anche, ma l’espressione non era la tua ma gli assomigliavi. Ci siamo guardati a lungo e lui forse anche si chiedeva chi ero lui forse anche cercava di capire come io cercavo di capire, ma aveva anche il pelo un poco più corto», così mi sembrava, «e l’espressione un po’ diversa troppo diversa». «Ma non mi chiedi che cosa è successo di me?», dice il gatto, «Sì, te lo chiedo», dico io, e lui: «Ebbene, non lo so». A questo punto io volevo prendere il gatto e baciarlo, ma lui è salito su un muro più alto. «Scendi», gli ho detto io,«lascia che ti tenga un po’ in braccio e ti accarezzi come ti piace lascia che, un poco, ti baci». Ma il gatto mi guardava sgranando gli occhi, espressione sua tipica, come se non capisse o capisse qualcos’altro che io stesso non capivo. «Ascolta, mi manchi molto», ho ripreso a dire, «mi facevi così tanta compagnia mi piaceva tanto guardare le tue prodezze quando giocavi a calcio, o quando afferravi una mosca, mi piaceva tanto guardare le tue espressioni poi prenderti e accarezzarti e tenerti un po’ sulla mia pancia». «Sì, anche a me piaceva, ma le cose passano, le cose passano, e anche noi passiamo». «Sì, anche noi passiamo», ho detto io, ma dove andiamo?». «Andiamo verso qualcosa che è sempre qualcosa non esiste la fine, perché, vedi, siamo tutti collegati». «Spiegati meglio, perché non capisco bene». «Voglio dire quello che ho detto, che non c’è una fine, e non c’è una fine perché siamo tutti collegati». «Dimmi se ho capito», ho detto io, «il fatto che siamo tutti collegati... forse vuoi dire che non esistiamo individualmente, e che il cambiare, il passare delle cose, come tu dici, quello stesso è il collegamento cioè l’essenza stessa temporale del nostro esistere è alla base del nostro essere collegati». «Sì», mi hai risposto tu nel sogno, «è più o meno così, credo, hai presente le catene? è come se ci dessimo tutti la mano e questa mano, non ce la stacchiamo mai, nessuno ce la può staccare, è questo il punto, capisci?». «Cioè tu vuoi forse dire», ho detto io al gatto, «che non è che noi siamo venuti alla vita casualmente in quel preciso tempo e punto, ci siamo venuti perché ci eravamo “attaccati” mi sembra di capire, e non potevamo che essere noi in quel preciso punto dell’essere». «Avendoci chiamato quelli che erano prima attaccati a noi, e chiamando noi quelli dopo di noi, attaccati a noi. Vedi», ha continuato il gatto, immagina una grande sfera che gira davanti a una luce, come la terra davanti al sole, tu sei in quella sfera infinita, come un punto di lei, quando la luce ti illumina sei nella vita, ma quando non più o non ancora tu sei sempre in quella grande sfera lo stesso». Il gatto stava sempre in cima al muro, e io gli ho detto: «Vieni, scendi un attimo che ti do un bacio». Lui è sceso a terra e io l’ho preso in braccio, l’ho accarezzato sulla testa e l’ho baciato sulla nuca, poi gli ho accarezzato il dorso e la coda e lui ha miagolato e ha fatto le fusa poi gli ho preso la testa con la mia mano destra e gliel’ho stretta, e lui è stato zitto e io l’ho baciato ancora un po’, e lui ha fatto le fusa ancora e poi mi sono svegliato.
Sì ho tormentato il rondinotto
16-02-2022
Sì ho tormentato il rondinotto
«Sì ho tormentato il rondinotto, ci ho giocato e l’ho lasciato lì mezzo morto», mi dice il gatto, «e adesso mi sdraio qui e dormo. Perché, che c’è di male?». Il gatto e io ci guardiamo a lungo. «Noi siamo così da milioni di anni viviamo la vita che ci è stata data e non ce ne preoccupiamo e adesso se non ti dispiace vorrei dormire», e il gatto si sdraia su una mia ciabatta. «Primo: non è vero che siete così da milioni di anni», dico io,«ma ogni giorno cambiate. Ogni istante, anche di un valore piccolissimo, piccolissimo quanto vuoi, ma cambiate. Secondo: ho i miei dubbi che siate così fatalisti come vi dipingete. Penso che invece anche voi, a vostro modo, pensiate, e abbiate dunque qualche cosa da fare in questo mondo. E poi basta con questa cosa che la natura vi ha fatto così e voi non potete altro che seguire la natura ecc. ecc.! Avete rotto il cazzo! È ora che vi prendiate anche voi le vostre responsabilità!». «Ma tu, che cos’è invece che vuoi fare? Che cos’è che meditate, che preparate voi uomini? È vero, fate tanto casino, trasformate il mondo, ma che cosa volete fare effettivamente, dove volete arrivare?». «In effetti, devo dirti molto sinceramente, non lo so. È un po’ imbarazzante, ma te lo devo confessare. Però vedi... tutto questo non è solo per noi... ma anche per voi, per tutti». «Che vuoi dire?». «Beh, tu ad esempio stai in questa casa calda e comoda, mangi bene, sei curato... te lo ricordi quand’eri piccolo che stavi per morire, te e tua sorella, e io vi ho salvato?». «Beh, questo è vero, ma tutto il resto del mondo non mi sembra che se la passi tanto bene, nonostante la vostra intelligenza, il vostro potere...». «È vero, c’è sempre il male e tanta sofferenza, come quella che hai inflitto tu a quest’uccellino; però, anche se non ne siamo ben coscienti, stiamo andando verso qualcosa che sia un bene per tutti, non solo per noi uomini. E poi, non so se lo sai, ma non siamo soli nell’universo...». «Che vuoi dire?». «Voglio dire che ci stiamo accorgendo che esistono nell’universo altri mondi abitati dalla vita, da uomini come noi, da gatti anche...». «Oddio non me lo dire! Mi sembra che ce ne siano già troppi in questo mondo, di gatti. Anche nel nostro tetto ce ne sono troppi, non ci si muove più!».
Ho due gatti. Fratello e sorella
16-02-2022
Ho due gatti. Fratello e sorella
Ho due gatti. Fratello e sorella. Il maschio è un po’ tontolone ma tanto affettuoso, un po’ lento nel capire, sempre dietro la sorella, affettuosissimo, da piccolo era molto malato e si lasciava curare da me con molta pazienza, si faceva fare tutto (mentre la femmina recalcitrava). Gli dovevo fare infinite applicazioni, e lui se le lasciava fare, buono buono. Ha un difetto di orientamento: in caduta, anche da poca altezza, ha difficoltà a toccar terra sulle zampe, cosa incredibile per un gatto. Non chiede mai, mangia poco, va poco al bagno (al contrario della sorella), e anche se la sabbia è sporca (al contrario della sorella), mangia anche gli avanzi (al contrario della sorella), dorme molto, forse troppo.La sorella tutto il contrario: sveglia e vigile, sempre a caccia: porta piccioni, rondini, tarantole, cavallette: li sventra e li fa a pezzi e li sparge per la casa. Occhi dolci, sguardo lamentoso. Femme fatale, un po’ infantile, languida. Chiede sempre, sempre vuole nuovi biscotti (solo freschi, freschissimi), o altro, o non sa nemmeno lei cosa vuole. Sempre mi guarda con sguardo di richiesta, o di rimprovero.Non riesce a stare chiusa in casa, deve uscire e sta via per diversi giorni (pur sterilizzata, come il fratello). Pi- scia e caca dove le pare. Anche punita, non impara la lezione. Per non far andare il fratello su una certa pol- trona, senza por tempo al tempo, ci piscia.Il terrazzo comunica col tetto, e sul tetto c’è un gran movimento. I due fratelli, piccolini, sono stati sempre in soggezione, sottomessi ai grossi gatti del tetto. Ora che sono cresciuti lo difendono a mala pena, il terrazzo. Anche perché non combattono insieme. Agli attacchi deve prender parte lui, non molto convinto, lei sta sem- pre dietro, sulla linea della finestra, a osservare. Segue con apprensione le battaglie del fratello, lei che potreb- be scacciarli tutti i gatti, sembra che una legge atavica la releghi in casa e le impedisca di difendere il territorio. La caccia sì, ma la guerra ai maschi.
Ma perché non te ne stai tranquillo
16-02-2022
Ma perché non te ne stai tranquillo
«Ma perché non te ne stai tranquillo come sto io? Vedi, io sto sempre solo, ma sto bene». «Ma tu sei sterilizzato. Forse dovrei farmi sterilizzare anch’io». «Io comunque, lo sai, sono malato, però accetto la vita come viene, lascio che vada come deve andare». «Però sai che io ti voglio bene, e che ti curo. Ho visto che adesso lasci che ti dia le medicine, mentre prima recalcitravi». «Sì, so che mi vuoi bene e anch’io te ne voglio. Ma quello che voglio dirti è questo: fai come me, fregatene, e lascia scorrere il tempo. Fai lunghe dormite, come faccio io». «È quello che non riesco a fare, anzi soffro di insonnia, se ancora non l’hai capito. Magari potessi dormire come te. Le preoccupazioni, piccole e grandi, non mi fanno dormire». «Ma perché non te ne freghi, delle preoccupazioni?». «Senti, tu non hai figli. Io ne ho tre, guadagno poco, e mi preoccupo per loro». «Sì, lo so. Ma secondo me tu ti preoccupi per altro». «Cioè? che vuoi dire?». «Ti preoccupi della morte». «Beh, in un certo senso, sì. Ma tu invece, non sei terrorizzato della morte?». «No. E vuoi sapere perché?». «Sì». «Perché lascio che le cose vadano. Le cose non sono comprensibili. Per quanto tu possa ragionare, non riuscirai a capirle. Questo non vuol dire deprezzarle, anzi, proprio perché non comprensibili, sono sacre. Noi, ammirandole, dobbiamo lasciarle vivere, dobbiamo lasciare che fioriscano. Così il tempo, lascialo scorrere, lascia che i secoli, i millenni si succedano. E tutto quello che deve succedere, succeda».
Cicero, ma dove sei andato
16-02-2022
Cicero, ma dove sei andato
Cicero, ma dove sei andato? Proprio tu che non ti allontanavi mai che neanche sul tetto ti avventuravi che ti è successo, sei stato rapito o come Romolo ti sei incielato? Ma sia andata come sia andata quante cose mi hai insegnato! Io mi arrabattavo a cercare risposte mi interrogavo e mi disperavo e tu te ne fregavi. Mi dicevi: fai come me, fregatene. Ma tu sei solo, ti rispondevo, e puoi anche fregartene io ho tre figli, ti dicevo e non posso fregarmene e poi anche di te mi devo occupare... Perché quando avevi fame come piangevi e chiedevi e io subito ti dovevo servire! E che mangiare poi, cibi costosissimi per la tua malattia... Me ne dovevo fregare? Dovevo lasciarti morire? Ma tu diresti: «sì, te ne dovevi fregare e lasciarmi morire, tanto sarei morto, prima o poi, e la mia vita era noiosa», la vita è una cosa fisiologica mi dicevi non ci devi dare peso non è importante... Ma quando avevi fame come chiedevi! che non si poteva fare nulla prima di servirti a dovere! Ma io lo so che tu mi vorresti dire che non in quel senso intendevi il fregartene, tu volevi dire di non interrogarsi, non cercare di capire non affannarmi come facevo allora e faccio ancora, per cercare di capire perché non c’è niente da capire, questo volevi dire e non c’è un senso, non c’è qualcosa dietro o davanti, tutto è come è e non c’è un fine come non c’è una causa. Ma se tutto è come è, ti dicevo io, se non c’è causa e non c’è fine, allora è tutto assolutamente sacro e noi bruciamo come nei sacrifici, tutto è assolutamente grandioso e vero e tutta la nostra pena è soltanto una pena d’amore. Sì, mi dicevi tu, è così.