Se adesso arrivo a casa e i gatti mi vengono incontro, sempre avanti è la femmina, che mi guarda con gli occhi sbarrati e in chiaro segno di rimprovero: «Ma come? Non ci dai da mangiare? Ma come, te ne vai e ci lasci qui soli tutto questo tempo?». Il maschio è sempre dietro e segue la sorella; gli occhi più schiacciati, meno tondi e modulati. Più netti e piatti. È come se dicesse: “Io seguo mia sorella ma non chiedo niente. Che è? Che c’è? Boh, comunque io sto qua. Tutto bene?». E mi guarda come uno che mi volesse dire che non sa di che cosa stiamo parlando. Ma sta lì, e vorrebbe salutare, o non vorrebbe. Ma è anche come se dicesse: «Io seguo mia sorella, quello che lei dice, dice bene».
Io li guardo tutti e due e li acchiappo insieme e me li prendo in braccio, tutti e due, e li bacio sulla testa, poi li ripongo sul pavimento e vado a prendere i biscotti. Quelli subito balzano in un istante sul piatto e cominciano a sgranocchiare voracemente. La femmina soprattutto, il maschio è più moderato e anzi dopo un po’ si distacca. Io li guardo un po’ mangiare, poi li lascio in pace.