«Sono nato a Jacarezinho e sono infinitamente grato alla favela. Qui ho imparato a vivere
con dignità, ho capito che le persone, per essere rispettate, devono parlare in maniera
schietta. Ecco perché dico sempre la verità: non mi importa che possa fare male a
qualcuno»
Rio de Janeiro è una città sterminata. Sotto gli occhi e le braccia spalancate del Cristo
Redentore del Corcovado si cela un mondo: quello smaccatamente turistico di
Copacabana e Ipanema, quello sfacciato e divertito del Carnevale più conosciuto del
mondo, quello capace di racchiudere una foresta, la foresta di Tijuca, all’interno di una
città. Ha ospitato Mondiali e Olimpiadi, è stata capitale del Brasile per quasi due secoli.
Per buona parte può essere paragonata alle principali metropoli mondiali, ma è una terra
di enormi contrasti, emblema del Brasile stesso. Le favelas più conosciute ed estese del
Paese si trovano proprio a Rio: baraccopoli realizzate con materiali di fortuna e strade
nelle quali proliferano degrado e criminalità. Hanno rappresentato l’approdo naturale per
migliaia, forse addirittura milioni, di ex schiavi: nel maggio del 1888 venne promulgata la
Lei Áurea, la Legge d’Oro, che aboliva la schiavitù nel Paese, ultimo atto di un processo di
abolizione che era iniziato quasi quaranta anni prima, nel 1850. A firmare la Lei Áurea fu
Dona Isabel, principessa imperiale del Brasile, insieme al ministro dell’Agricoltura
dell’epoca, Rodrigo Augusto da Silva. Era, appunto, 1888. 135 anni fa. Solo 135 anni fa. Il
Brasile, infatti, è stato l’ultimo Paese del continente americano ad abolire la schiavitù.
Una delle principali favelas di Rio de Janeiro è Jacarezinho, nella zona nord della città.
Secondo gli studiosi, non si tratta di una semplice baraccopoli, ma di un vero e proprio
quilombo replicato in area urbana: per quilombo si intende una comunità fondata da
schiavi africani fuggiti dalle piantagioni in cui erano rimasti a lungo prigionieri,
generalmente collocata nelle zone interne del Paese. Questa la spiegazione del termine
nel portoghese brasiliano. Se invece scendente giù in Argentina, armar un quilombo
significa semplicemente fare un gran casino...ogni collegamento non credo sia puramente
casuale...Tornando a Jacarezinho, ha rappresentato il rifugio per molti di quegli schiavi
deportati, diventando in assoluto la favela con la più alta concentrazione di afro-americani.
Un territorio fortemente collegato alla figura di Getulio Vargas, visto che si trattava di
un’area di proprietà della sua famiglia. Vargas fu il leader della rivoluzione brasiliana del
1930, che pose fine alla Prima Repubblica: all’epoca presidente dello stato del Rio Grande
do Sul, fu sconfitto alle presidenziali da Julio Prestes e guidò l’insurrezione in seguito
all’assassinio di Joao Pessoa, il suo candidato vicepresidente.