CentoParole

Corriere del Ticino

«CentoParole» è un podcast del Corriere del Ticino, scritto e realizzato da Dario Campione. Non sappiamo mai cosa leggere, eppure abbiamo le librerie piene, il kindle senza memoria disponibile. Ecco quindi che Dario ci racconta un libro in pochi minuti, in pillole non amare come le medicine, ma leggere e che curano la mente e lo spirito. «Perché non possiamo giudicare un libro dalla copertina, ma dal sapore che ci lascia in bocca quando lo finiamo» (Cit.) read less
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Episodi

Renato Vallanzasca, la parabola triste del bandito che fece tremare Milano
2d fa
Renato Vallanzasca, la parabola triste del bandito che fece tremare Milano
Oggi vi racconto il libro di Renato Vallanzasca Malanotte. Rimpiango quasi tutto, scritto con Micaela Palmieri e pubblicato da Baldini & Castoldi.Renato Vallanzasca, il bandito dagli occhi di ghiaccio, il personaggio forse più violento della mala milanese degli anni ’70, l’uomo protagonista di libri, film e serie Tv dedicati alle imprese sanguinarie e alle fughe rocambolesche che gli sono costate quattro ergastoli, affronta oggi l’ultima, più dura battaglia della sua vita. A 74 anni, 52 dei quali trascorsi in carcere, Vallanzasca non è più in grado di comprendere pienamente ciò che gli accade e di gestire consapevolmente la sua vita. Deve fare i conti con una grave malattia neurodegenerativa che lo mette in uno stato di confusione e di sfinimento.Già nello scorso mese di giugno, il presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano, Giovanna Di Rosa, aveva revocato il divieto di semilibertà per le aggravate condizioni di salute del bandito. Adesso, lo stesso Tribunale si è pronunciato sulla richiesta di trasferimento di Vallanzasca in una residenza sanitaria assistita.Impietosa la relazione stilata all’inizio di settembre dall’ambulatorio di psichiatria del servizio di medicina penitenziaria, la quale mostra quanto il personaggio Vallanzasca (alimentato da lui stesso anche durante la detenzione-record, ma al contempo sfruttato da non pochi attorno a lui da quando non c’è più con la testa) non abbia ormai più nulla a che vedere con la persona Vallanzasca, più simile a tanti altri anziani minati da decadimento cognitivo: «Ha perso completamente il controllo» della propria quotidianità, scrivono i medici, «non è assolutamente in grado di badare» a sé, «è disorientato nel tempo e nello spazio», «a tratti emerge la sofferenza di non riuscire a esprimere con il linguaggio quello che si produce nel suo pensiero», ed è ormai «visibile lo stato di prostrazione».Un uomo finito. Del quale, tuttavia, resiste - per certi aspetti anche in maniera forte - l’inossidabile mitologia del fuorilegge, la fascinazione del criminale. Figlie di una vera e propria «agiografia degli uomini con il mitra» da cui però, è stato giustamente sottolineato, sono assenti il dolore delle vittime e la crudezza di quegli anni di morti e violenze. Perché gli anni ’70, a Milano, non furono i tempi gloriosi di una malavita «con regole e codici d’onore», ma anni in cui si sparava, e si moriva per niente.Negli spiragli di lucidità che la malattia tiene aperti, Renato Vallanzasca ha raccontato nuovamente spezzoni della propria vita alla giornalista del Tg1 Rai Micaela Palmieri. Ne è nato un libro di memorie molto diverso dai soliti. Scorrevole, costellato più di riflessioni che di ricordi, per nulla autocelebrativo. «La Storia parla da sola - dice Vallanzasca - non ho capito un cazzo. Ho sempre giocato d’azzardo, sempre. Non con le carte o nelle bische da cui mi tenevo ben lontano ma, peggio, con la vita. E ho perso».Il titolo del libro, Malanotte, edito da Baldini & Castoldi, ha una postilla: Rimpiango quasi tutto. Non c’è, nelle pagine della vita di Vallanzasca, alcuna rivendicazione dei propri errori. Al contrario: la vicenda umana del bandito è intrisa quasi esclusivamente di dolore. È narrata nel tono del dramma e la sua grandezza somiglia più a un abisso dal quale è impossibile risalire. Buon ascolto!Se il libro di oggi ti ha incuriosito, ricorda che puoi avere lo sconto del 10% sui tuoi acquisti in libreria grazie alla CdT Club Card.
La cucina italiana? Non esiste, e la carbonara l’hanno inventata gli americani
15-06-2024
La cucina italiana? Non esiste, e la carbonara l’hanno inventata gli americani
Oggi vi racconto il libro di Alberto Grandi e Daniele Soffiati La cucina italiana non esiste. Bugie e falsi miti sui prodotti e i piatti cosiddetti tipici, pubblicato da Mondadori. «La “nostra” cucina», la cucina italiana, «non esiste. La cucina è una sola: quella buona. Certo, in Italia abbiamo grandissimi prodotti, i migliori, e ogni campanile ha la sua ricetta. Ma la cucina ha sapori e contaminazioni da tutto il mondo. Ogni tanto leggo di gente che insorge perché si cambia un ingrediente in un piatto tipico, e a me allora viene voglia di farlo, per provocazione: non stiamo salvando vite umane, la cucina è piacere, bisogna farla come più ci ingolosisce». Antonino Cannavacciulo non ha bisogno di molte presentazioni. Da una decina d’anni occupa ogni possibile luogo televisivo in cui si dà fuoco ai fornelli e può fregiarsi, da qualche tempo, anche delle tre stelle Michelin, riconoscimento che la rivista francese ha assegnato alla cucina di Villa Crespi, il ristorante gestito dallo chef di Vico Equense sul Lago d’Orta, in Piemonte. Se Cannavacciuolo, in un’intervista al Corriere della Sera, dice che la cucina italiana non esiste, in pochi si scandalizzano. Se lo scrive, invece, argomentandolo in modo difficilmente contestabile, uno storico, allora apriti cielo. E in effetti, le polemiche e le discussioni innescate dal libro di Alberto Grandi e Daniele Soffiati hanno riempito ogni genere di spazio mediatico, finendo per diventare anche oggetto di scontro politico-culturale.
Un anno fa moriva Silvio Berlusconi: la sua (troppa) vita nel libro di Filippo Ceccarelli
08-06-2024
Un anno fa moriva Silvio Berlusconi: la sua (troppa) vita nel libro di Filippo Ceccarelli
Oggi vi racconto il libro di Filippo Ceccarelli B. Una vita troppo, pubblicato da Feltrinelli. Un anno fa, il 12 giugno 2023, a moriva, a Milano, Silvio Berlusconi. L’uomo che ha cambiato la politica italiana, e non solo. L’imprenditore che «volle farsi re», come ha detto qualcuno. La bibliografia sul Cavaliere è quasi sterminata, Prima e dopo la sua «discesa in campo», l’esistenza di Berlusconi è stata letteralmente passata al setaccio da centinaia di giornalisti, studiosi, politologi, osservatori più o meno neutrali. Non può quindi sorprendere che l’ultima opera in ordine di tempo dedicata all’ex leader di Forza Italia abbia dimensioni monumentali. L’autore, Filippo Ceccarelli, ha seguito Berlusconi come cronista per trent’anni, raccogliendo un’infinità di articoli, ritagli, foto, appunti. Materiale raccolto poi in 334 faldoni e donato alla Biblioteca della Camera dei Deputati, dove adesso è a disposizione di chiunque. Da quell’oceano di informazioni è emerso un volume di 640 pagine che ci «restituiscano un uomo malato di narcisismo, infantile, megalomane, bugiardo, spregiudicato; ma anche generoso, munifico, inventivo». Pagine che, in ogni caso, «alla fine, non ci forniscono una spiegazione univoca di questa storia cui tutti» gli italiani hanno «partecipato perlopiù da spettatori». Come ha detto Marco Belpolìti, il libro di Ceccarelli su Berlusconi «non è un romanzo, sebbene si alimenti proprio di particolari» talvolta così surreali da sembrare «frutto della fantasia» di portentosi «sceneggiatori»; e «non è una sintesi storica, poiché Ceccarelli, come molti, non crede alla Storia», quella con la S maiuscola; «non è neppure un’analisi psicologica o antropologica del personaggio». E nemmeno un saggio politico, seppure tra le sue righe si possano chiaramente intravvedere i passaggi nodali della transizione italiana. È, piuttosto, «una narrazione, e in qualche modo ricorda la descrizione d’un quadro, meglio d’una serie di quadri con un unico protagonista»: il Cavaliere.
Ascesa e caduta dei Ferragnez: Selvaggia Lucarelli racconta la storia di Chiara e Fedez
25-05-2024
Ascesa e caduta dei Ferragnez: Selvaggia Lucarelli racconta la storia di Chiara e Fedez
Oggi vi racconto il libro di Selvaggia Lucarelli Il vaso di pandoro. Ascesa e caduta dei Ferragnez, pubblicato da PaperFirst. Un’inchiesta giornalistica. L’analisi di un fenomeno sociale assolutamente straordinario. Una riflessione severa ma non moralista sulla incapacità generale di saper cogliere il reale dietro lo specchio deformante del virtuale. Il libro che Selvaggia Lucarelli ha dedicato alla storia dei «Ferragnez» - l’influencer Chiara Ferragni e il rapper Federico Lucia, in arte Fedez - è molte cose insieme. È lo spaccato avvilente e triste di un sistema colpevolmente disinteressato a porsi domande scomode di fronte a personaggi divenuti, nel tempo, vere e proprie star, e per questo, forse, temute più che ammirate. Ma è anche la fotografia nitida del mondo in cui abbiamo scelto di vivere e al quale ci siamo volontariamente piegati, accostumati, assuefatti. «Il caso della caduta di Chiara Ferragni, per interesse, sorpassa perfino l’ossessione precedente per la sua genesi e la sua evoluzione - scrive Selvaggia Lucarelli - E la ragione è semplice: quello che le è accaduto non racconta solo di lei: racconta la nuova società, l’evanescenza del successo ai tempi dei social. Racconta chi siamo noi, anche. Siamo noi, in fondo, ad aver consegnato quel potere a una influencer credendo a ogni cosa che ci diceva». La vicenda è nota. Ed era stata la stessa Lucarelli a sollevarla, nel dicembre 2022, con un articolo pubblicato sul quotidiano Domani. In breve, la giornalista scoprì che l’operazione del pandoro Balocco griffato dalla Ferragni e messo in vendita a un prezzo triplo rispetto al prodotto classico, non era legata a una donazione benefica all’Ospedale Regina Margherita di Torino. Era in realtà mero marketing. Un vero e proprio inganno dei consumatori, sanzionato dall’autorità garante con multe salatissime e poi finito anche nel mirino della magistratura, che ha indagato l’influencer cremonese per truffa.
Il ritorno di Petra Delicado, la poliziotta che ha cambiato il noir spagnolo
04-05-2024
Il ritorno di Petra Delicado, la poliziotta che ha cambiato il noir spagnolo
Oggi vi racconto il libro di Alicia Giménez Bartlett La donna che fugge, pubblicato da Sellerio.A distanza di sette anni dalla precedente indagine, torna in libreria Petra Delicado, l’ispettrice della polizia di Barcellona protagonista dei noir di Alicia Giménez Bartlett. La donna che fugge è il dodicesimo capitolo della serie che aveva esordito nel 1996 con Riti di morte e cambiato per sempre la scena gialla spagnola. In realtà, alla dozzina di inchieste vanno aggiunti nove racconti, pubblicati in volume sempre da Sellerio, e una curiosa autobiografia, uscita nel 2020. «Da Agatha Christie a Fred Vargas, molte scrittrici si sono affezionate ai propri personaggi, ma nessuno ha dedicato loro un intero libro per raccontarne le vite in una sorta di falsa autofiction. Alicia Giménez Bartlett lo ha fatto in Sin muertos», letteralmente “Senza morti”, tradotta in italiano con il titolo Autobiografia di Petra Delicado, un libro in cui l’investigatrice barcellonese racconta la sua esistenza in prima persona, dall’infanzia ai passi iniziali nella polizia, senza dimenticare ovviamente i matrimoni e i divorzi.Si potrebbe dire, hanno affermato alcuni critici spagnoli, «che il legame tra Petra e Alicia Giménez Bartlett sia forte quanto quello che esiste tra gemelli. Gemelli mentali, ovviamente». È possibile. Quale autore di storie seriali, verrebbe da chiedersi, non si rispecchia anche soltanto in parte in quello che scrive? Spiega però l’autrice raccontando la genesi del personaggio: «Non volevo essere una femminista avant la lettre, mi dicevo che questa donna sarebbe stata al comando e che avrebbe avuto dei cattivi pensieri. All’epoca non c’erano così tante poliziotte donne come oggi, ma il tempo mi ha dato ragione. Ora ce ne sono molte, e sono anche donne al comando. Era una specie di anticipazione di ciò che sarebbe successo».In ogni caso, La donna che fugge è giallo classico, con una trama coerente, uno stile scorrevole, situazioni e personaggi credibili e realistici, ritmo sostenuto.
Trump, Biden e i troppi luoghi comuni sugli Stati Uniti d'America
20-04-2024
Trump, Biden e i troppi luoghi comuni sugli Stati Uniti d'America
Oggi vi racconto il libro di Francesco Costa Frontiera. Perché sarà un nuovo secolo americano, pubblicato da Mondadori.«Un popolo che si convince di essere speciale andrà certamente più lontano di un popolo che si convince di essere sfortunato, incapace, perennemente vittima. La cultura e l’identità degli Stati Uniti sono senza dubbio in stretta correlazione con l’idea di frontiera». Nelle pagine finali del suo ultimo libro, intitolato appunto Frontiera, Francesco Costa, giornalista, blogger e vicedirettore del Post, riassume il senso di un lavoro che tenta di descrivere - allontanandosi dai troppi cliché e luoghi comuni che imperversano ovunque - «L’unica nazione mai costruita sulla sistematica mescolanza di popoli e culture diverse», un Paese che «sta attraversando un momento affascinante e contraddittorio, molto raccontato e poco compreso, per certi versi unico».Che cosa sono, oggi, gli Stati Uniti? E verso quale direzione si sta spostando la loro nuova frontiera? Bisogna subito dire che quello del giornalista siciliano, più che un saggio organico, è «una raccolta di frammenti di realtà». Costa osserva, ascolta e racconta l’anima degli States. Assembla dati, storie, curiosità: pezzi di un puzzle complesso, ma sorprendente. Il suo è un «libro frastagliato e non lineare perché la realtà stessa è frastagliata e non lineare», oltre che in rapido, continuo e tumultuoso cambiamento. Chi legge ha un’unica incombenza: spiegare le vele della curiosità, del desiderio di scoperta; essere disponibile ad «accettare sorprese e incongruenze».
Da Roger Federer a Jannik Sinner, quando il tennis diventa poesia
13-04-2024
Da Roger Federer a Jannik Sinner, quando il tennis diventa poesia
Oggi vi racconto il libro Il tennis come esperienza religiosa, di Edgar Foster Wallace, pubblicato da Einaudi. C’è un Paese, l’Italia, che sembra essere soggiogato in questo momento da un giovane atleta altoatesino, un tennista. Jannik Sinner. L’attenzione verso le partite giocate da Sinner si è fatta spasmodica, i grandi quotidiani seguono i match punto per punto con dirette online, gli stessi match in Tv raggiungono audience insperate anche da trasmissioni collaudate e in palinsesto da anni. Insomma, è esplosa una vera e propria mania. Che, per certi aspetti, richiama da vicino la storia di un altro grande protagonista di questo sport, lo svizzero Roger Federer. Il legame emotivo che milioni di persone hanno avuto con Federer è stata una connessione radicata in qualcosa di più della semplice adorazione dell’eroe. Come ha scritto qualche anno fa Michael Steinberger sul New York Times, «abbiamo naturalmente assaporato l’arte che ha portato in campo. Il tennis è un gioco elegante, ma nessuno lo ha reso più elegante di Federer. […] E tuttavia, non è stata solo o principalmente la sua abilità con la racchetta a rendere Federer così amato. [Il tennista di Basilea] trasudava gentilezza, una qualità fin troppo rara in un atleta della sua statura». Ha regalato gioia. La stessa cosa che, oggi, sta facendo, forse del tutto involontariamente, anche Jannik Sinner. Lo sport è l’epica moderna. Può sembrare banale dirlo, ma ci allontaneremmo dalla verità se non lo facessimo. Ovunque, lo sport va oltre il gesto tecnico di chi lo pratica. Ogni Paese, ogni territorio, vive (o Il podcast di Dario Campione Nr. 67 - 13/4/2024 tenta di vivere) i propri momenti di epica sportiva; vuole affermarne i miti e utilizzarli come fattore di identità culturale. Questo è vero soprattutto nelle nazioni più giovani. C’è chi ha detto che gli europei e gli asiatici sono «sepolti» dal peso della Storia; ma nordamericani, sudamericani, australiani o neozelandesi, no. «Non è un caso che proprio loro siano furiosamente affamati di racconto sportivo, per dotarsi di mitologie primarie, senso di comunità, identità». Paradossalmente, lo stesso accade in Italia, dove le vittorie sportive, quelle di squadra così come quelle di un singolo, ricuciono provvisoriamente gli strappi e le lacerazioni dei fronti perennemente contrapposti, dei moderni e contemporanei guelfi e ghibellini. E anche in Svizzera, dove sotto lo scudo di un autentico eroe come Federer si sono riunite culture e anime altrimenti molto diverse e distanti tra loro. Nel 2006, lo scrittore americano David Foster Wallace fu inviato a Londra dalla redazione di Play, il magazine sportivo del New York Times, per raccontare il torneo di Wimbledon. Da quella esperienza sarebbe uscito un lungo reportage, diventato poi un libro: Roger Federer as Religious Experience, Roger Federer come esperienza religiosa.
«Perché la Cina di Xi Jinping può vincere la guerra delle spie»
30-03-2024
«Perché la Cina di Xi Jinping può vincere la guerra delle spie»
Duemila e trecento anni fa, ma forse anche prima, gli strateghi cinesi compendiarono le proprie virtù militari in un libro destinato a diventare tra i più letti della storia: il Sun Tzu, ovvero L’arte della guerra. Un testo il cui ultimo capitolo, il tredicesimo, è dedicato alle spie. «Se un sovrano illuminato e un generale saggio risultano sempre vittoriosi sui nemici e realizzano imprese superiori alla norma, tutto ciò avviene grazie alla previsione - scrissero i comandanti dell’esercito imperiale - Questa previsione non può essere ottenuta tramite entità sovrannaturali, non può essere dedotta dagli eventi, non può essere calcolata. Dev’essere [invece] acquisita tramite uomini che conoscono la situazione nemica»: gli informatori. Le spie. Che sono di cinque tipi: «le spie locali, gli infiltrati, i doppiogiochisti, le spie mandate a morire e le spie che devono sopravvivere». Quando le cinque spie «lavorano insieme e nessuno conosce il loro Tao, costituiscono la “rete degli spiriti” - dice Sun Tzu - E sono un vero tesoro per il sovrano». Due millenni dopo, molte cose sono cambiate, ovvio. Ma non il principio per cui le informazioni sono il combustibile necessario per affrontare non soltanto la guerra, ma anche ogni potenziale situazione di rischio. Nella Cina contemporanea, la Cina dominata dal Partito Comunista e dal suo leader supremo Xi Jinping, l’insegnamento di Sun Tzu è tuttora applicato quasi alla lettera. Una rete fittissima di spie, umane e tecnologiche, copre con le sue maglie l’intera società. Maglie che, da qualche anno, il governo di Pechino tenta di calare ovunque sia possibile nel resto del pianeta. Sono moltissimi, ormai, e soprattutto di fonte statunitense, gli studi sull’espansione senza freni del Grande Fratello cinese. «La più colossale e articolata organizzazione di intelligence mondiale», la definisce Antonio Teti, che sull’argomento ha scritto un saggio pubblicato da Rubbettino e intitolato China Intelligence. Tecniche, strumenti e metodologie di spionaggio e controspionaggio della Repubblica Popolare Cinese. Nonostante qualche evidente difetto di scrittura - in particolare, un eccesso di tecnicismi e un uso troppo disinvolto, talvolta persino incoerente, delle definizioni in inglese - il libro di Teti ha un merito indiscutibile: mostrare come e in che modo la Cina di Xi Jinping abbia costruito il suo sistema capillare di spionaggio, spiegarne le finalità, evidenziarne il pericolo.Buon ascolto!
«Life», la storia del Papa venuto dalla fine del mondo
23-03-2024
«Life», la storia del Papa venuto dalla fine del mondo
Raccontare la Storia, quella con la S maiuscola, attraverso una singola storia. Quella di un uomo. Mettere in fila passaggi epocali, e non solo, seguendo il nastro dei ricordi di un testimone speciale (ma forse sarebbe meglio definirlo straordinario). In parole semplici, è questo il senso di Life, la biografia di papa Francesco uscita qualche giorno fa in tutto il mondo per i tipi di HarperCollins.La mia storia nella storia, recita il sottotitolo del libro. Un progetto chiaro, che nei 14 capitoli, scritti dal pontefice assieme al giornalista Fabio Marchese Ragona, si compie in maniera lineare. In un crescendo di interesse. Destinato a culminare, nelle ultime pagine, nella rievocazione del conclave del 2013 e nello sguardo sul futuro della Chiesa cattolica.«Possiamo chiederci: ho mai raccontato a qualcuno la mia vita? […] Si tratta - dice Bergoglio - di una delle forme di comunicazione più belle e intime: raccontare la propria vita. Essa permette di scoprire cose fino a quel momento sconosciute, piccole e semplici, ma, come dice il Vangelo, è proprio dalle piccole cose che nascono le cose grandi».Ovvio, la vita di un Papa non è minimamente paragonabile ad altre. Dentro c’è un peso specifico della memoria, del tempo, assolutamente raro. E anche la lettura e la riflessione sui fatti, seppure compiute a posteriori, diventano elementi unici e incomparabili di analisi. E probabilmente, è proprio questo il punto di maggiore interesse del libro: non essersi fermato al dato biografico, ma averlo messo in relazione diretta con la Storia. Arricchendo così di luce nuova il ricordo di alcuni passaggi nodali del Novecento e degli anni Duemila. Buon ascolto!
«Ci vediamo in agosto»: l'ultimo incantesimo d'amore di Gabriel García Márquez
16-03-2024
«Ci vediamo in agosto»: l'ultimo incantesimo d'amore di Gabriel García Márquez
C’è una regola, forse ineluttabile, nel mondo dell’arte poetica e letteraria: quando un autore importante lascia un’opera inedita alla morte, quel pezzo finirà per essere pubblicato, indipendentemente da qualsiasi volontà testamentaria o indicazione di sorta.È quanto accaduto anche con Ci vediamo in agosto, l’ultimo inedito di Gabriel García Márquez uscito in italiano da Mondadori e, in contemporanea, in altri 30 Paesi, il 6 marzo scorso, il giorno in cui il Premio Nobel colombiano avrebbe compiuto 97 anni. «Nessuno che avesse tenuto nel cassetto un romanzo di Gabriel García Márquez negli ultimi dieci anni sarebbe stato in grado di nasconderlo per sempre, per quanto l’autore dicesse in privato di averlo rinnegato - ha scritto Nadal Suau su El País - un tale atteggiamento», peraltro, sarebbe stato inconcepibile: «non importa se le ragioni per ignorare» la scelta «siano artistiche, sentimentali, strategiche: ogni testo ha bisogno di emergere una volta scritto, ed è bene che ci riesca, […] non perché tutto ciò che García Márquez ha fatto è stato magistrale, ma perché quando non lo è, almeno costituisce una fede in più della sua vocazione».La decisione di editare il romanzo è stata presa dai figli dello scrittore, Rodrigo e Gonzalo, i quali hanno ripetuto nel prologo quanto già noto, ovvero che il padre aveva chiesto di non conservare il racconto. «Gabo ci lavorò lungo 25 anni, in maniera più concentrata dal 2003 fino alla fine del 2004 quando le sue condizioni peggiorarono sempre di più a causa dell’Alzheimer di cui soffriva. A quel tempo, sapevamo soltanto della sua sentenza finale: “Questo libro non funziona. Bisogna distruggerlo”. Non l’abbiamo distrutto, ma l’abbiamo messo da parte, nella speranza che il tempo decidesse cosa farne. Leggendolo ancora una volta, a quasi dieci anni dalla sua morte, abbiamo scoperto che aveva moltissimi meriti di cui poter usufruire». A partire dal fatto che avrebbe completato la trilogia «sull’amore in età matura» iniziata con Dell’amore e altri demoni e proseguita con Memoria delle mie puttane tristi, l’ultimo lavoro del quale lo scrittore autorizzò la pubblicazione ancora in vita. Buon ascolto!
Il ritorno dell’avvocato Guerrieri: l’ultimo libro di Gianrico Carofiglio, tra malinconia e speranza
09-03-2024
Il ritorno dell’avvocato Guerrieri: l’ultimo libro di Gianrico Carofiglio, tra malinconia e speranza
A distanza di cinque anni da La misura del tempo, Gianrico Carofiglio porta di nuovo in scena la Bari dell’avvocato Guido Guerrieri, abbandonando momentaneamente la Milano in cui si muove l’ex magistrata Penelope Spada. L’orizzonte della notte, pubblicato da Einaudi, è il settimo episodio della serie e, parafrasando Ingmar Bergman, bene si potrebbe parlare di un autentico sigillo. Uno dei libri più belli dello scrittore pugliese.L’orizzonte della notte è un romanzo duplice: da un lato c’è il legal thriller, il cui ritmo è incessante dalla prima all’ultima pagina; da un altro lato c’è un «viaggio psicologico, un’affilata meditazione sulla perdita e sul rimpianto», sul ricordo e sulla ricerca di sé, sulle «inattese sincronie della vita» e sul bisogno di felicità.Una lingua perfetta, solida, asciutta, ricca come sempre di citazioni che non sovrastano il racconto ma lo riempiono, piuttosto, di significato, impedisce quasi al lettore di staccarsi dalle pagine di un romanzo «acuto, brillante, a tratti malinconico, che guarda però» con speranza al futuro, soprattutto nelle righe finali, in qualche modo sorprendenti, capaci quasi di rovesciare il senso di marcia tenuto sino a qual momento dall’autore.La storia gialla comincia con una telefonata che Guerrieri riceve «inaspettatamente» dall’amico libraio Ottavio, il proprietario dell’Osteria del Caffellatte, aperta dalle 10 di sera alle 6 del mattino e rifugio amatissimo dello stesso Guerrieri, il quale è solito trascorrerci le notti d’insonnia. In libreria si è momentaneamente nascosta Elvira Castell, un’amica di Ottavio. Una donna di 44 anni, bella, benestante, divorziata e titolare di una società informatica, la quale ha appena ucciso un uomo, Giovanni Petacci, compagno della sorella gemella Elena, morta per suicidio poche settimane prima.Buon ascolto!
Papi, guerre, spie: i misteri dell'Archivio Vaticano svelati
02-03-2024
Papi, guerre, spie: i misteri dell'Archivio Vaticano svelati
«Braccare un uomo-ombra non è facile: esiste anche il rischio di non raggiungerlo mai». Massimo Franco, vaticanista del Corriere della Sera, ha tallonato per anni monsignor Sergio Pagano, vescovo di Celene – una diocesi spagnola soppressa ormai dal VI secolo - ma, soprattutto, prefetto da quasi 27 anni dell’Archivio Apostolico della Santa Sede. Un inseguimento che, alla fine, si è concluso positivamente perché lo stesso Pagano, ormai prossimo a lasciare il suo incarico, ha deciso di alzare qualche velo d’ombra su una delle istituzioni più antiche del mondo. Un «giacimento sterminato di informazioni sull’umanità dei potenti e degli umili, sulle loro miserie e sui loro eroismi, sulla santità e la dannazione», lo definisce Franco; una «sorta di sconfinato Purgatorio cartaceo», nato nel 1611 per volontà di papa Paolo V, Camillo Borghese, e da sempre conosciuto come l’Archivio segreto del Vaticano.Il 22 ottobre di tre anni fa, con un motu proprio, papa Francesco ha abolito l’intestazione utilizzata per individuare l’Archivio sin dal 1646: quel «secretum» che in latino significava semplicemente «privato», «personale». L’aggettivo «segreto» ha cominciato a «essere frainteso, colorato di sfumature ambigue, perfino negative», ha scritto Francesco nel suo motu proprio. Non collima più con la Chiesa della trasparenza in cui il pontefice argentino crede fermamente. E nonostante i 450 fondi custoditi nei corridoi sotterranei costruiti sotto le mura leonine siano in realtà aperti alla consultazione degli studiosi ormai da molti decenni, Francesco ha deciso di voltare pagina e di sostituire «segreto» con «apostolico».Poco importa, suggerisce Massimo Franco. «La sensazione di una segretezza antica e come immutabile» rimane: «coltivata, protetta, vissuta come l’identità vera della potenza sacrale, benigna e insieme quasi minacciosa, della Chiesa cattolica». Per quanto l’Archivio sia «un monumento non al sapere e alla potenza della Chiesa, ma alla volontà di capire oltre le apparenze».Secretum. Papi, guerre, spie: i misteri dell'Archivio Vaticano svelati dal prefetto che lo guida da un quarto di secolo, pubblicato da Solferino, è un libro-intervista. Un genere che personalmente amo moltissimo perché in grado di coniugare la scorrevolezza con la profondità.Non potendo raccontare in dettaglio quattro secoli di storia documentale, monsignor Pagano e Massimo Franco hanno scelto di soffermarsi nei lor dialoghi su alcuni passaggi significativi della lunga e travagliata vicenda dell’Archivio. Il lettore viene così letteralmente proiettato dal prefetto e dal suo intervistatore nei corridoi in cui sono custoditi i faldoni. Entra nel «bunker», si muove lungo gli scaffali e da lì preleva fogli impensabili: una lettera di Giacomo Leopardi al nunzio apostolico nel Regno delle due Sicilie in cui il poeta di Recanati, suddito dello Stato della Chiesa, si lamenta del fatto che a Napoli gli venga chiesto di pagare le tasse; la scomunica di Napoleone Bonaparte siglata da Pio VII, il benedettino cesenate Barnaba Chiaromonti; gli atti del processo a Galileo Galilei, con l’abiura del 1633 firmata dallo scienziato pisano per salvarsi la vita e sfuggire alla prevedibile ira dell’Inquisizione.Buon ascolto!