Il 3 aprile di 100 anni fa, a Omaha in Nebraska, nel cuore del Midwest americano, nasceva Marlon Brando. Uno degli attori-icona del Novecento, l’uomo capace di imporre un nuovo modo di recitare davanti alla macchina da presa e di imprimere, di fatto, una svolta nel cinema hollywoodiano a partire dagli anni Cinquanta.
In occasione dell’anniversario, La nave di Teseo ha riportato in libreria, dopo quasi tre decenni, l’autobiografia di Brando: Le canzoni che mia madre mi insegnava, un libro molto particolare e anomalo, che il divo americano scrisse con l’aiuto del giornalista californiano Robert Lindsey, oggi quasi novantenne, già capo dell’ufficio di corrispondenza del New York Times a Los Angeles e ghostwriter, tra l’altro, anche dell’autobiografia di Ronald Reagan.
Le canzoni che mia madre mi insegnava appare come un libro schietto, sicuramente rivelatore di una personalità tanto forte quanto ambigua e contrastata. Brando racconta molto di sé attore, dei ruoli che lo hanno reso celebre, ma anche delle difficoltà emotive che dice di aver sofferto come figlio di una madre alcolizzata e di un padre crudele e prepotente.