Quei primi 1000 giorni

Come posso scegliere un cibo che sia davvero di valore? Antonella Cara amica, eh sì ci stiamo lasciando alle spalle il primo trimestre di gravidanza e stiamo sempre più comprendendo quanto la corretta nutrizione e la sana alimentazione nei primi mille giorni di vita siano importanti non solo per la salute tua e di tuo figlio o figlia, ma anche per quella della società! Ecco perché Fondazione Comitans, per aiutare i giovani genitori a orientarsi nel mondo della nutrizione, si è dotata di una bussola, chiamata “cibo di valore”.

Cosa rende un cibo ‘circolare’? Cara amica, un cibo che possiamo definire ‘circolare’ è quello che intesse una relazione di reciprocità tra la terra e chi la coltiva, coinvolgendo anche il consumatore, in un percorso, appunto, ‘circolare’ che aiuta a riscoprire l’importanza del dono della natura. Bene! E nella pratica? Ovviamente non è sempre possibile scegliere la circolarità, soprattutto quando si fa la spesa al supermercato o comunque nei circuiti della grande distribuzione. Sicuramente però il biologico e, ancora di più, i prodotti a km 0 nascono proprio in questa ottica circolare.

Come sta il nostro suolo? Carissima, ottima idea parlare di suolo! Un mio collega ricercatore che studia appunto il suolo dice sempre che “un cibo sano è prodotto in modo rispettoso su un terreno sano”. Spesso diamo non solo per scontato quello su cui tutti i giorni mettiamo i piedi, ma addirittura un po’ lo disprezziamo. Il suolo d’altronde è in basso, è sporco, è umile… è humus appunto che però è anche la base della vita! Infatti il suolo è vivo. Anzi ‘vivissimo’. Là sotto c’è un intero ecosistema di microrganismi essenziali per la vita come funghi e batteri che, entrando in simbiosi con le radici, aiutano la crescita delle piante.

Come sta la nostra acqua? Così come il suolo, anche l’acqua usata per l’irrigazione e l’allevamento non sta benissimo. Attualmente infatti le risorse idriche globali stanno subendo un forte deterioramento, nonostante abbiamo a disposizione ottime tecnologie e infrastrutture per accedere a questa risorsa vitale. Pensa che negli ultimi cinquant’anni la capacità di stoccaggio dei sistemi fluviali è aumentata di circa il 700%, secondo i dati FAO del 2017. Ti ricordo che la Fao è l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. Questo ha permesso l’espansione delle attività economiche, prima fra tutte l’agricoltura.

Vanno davvero evitate le bottiglie in plastica? Per quanto riguarda le bottiglie in plastica non ti dirò nulla di nuovo in merito all’impatto ambientale di questo materiale. Tieni conto che il Consiglio per la Difesa delle risorse naturali statunitense suggerisce di scegliere bottiglie riutilizzabili da riempire dal rubinetto per mantenere quanta più plastica possibile fuori dal flusso di rifiuti. Circa la metà di tutta la plastica prodotta oggi, infatti, viene usata una volta soltanto e poi scartata, mentre il PET può essere riciclato e riutilizzato più volte. Ah sì, perché, quando parliamo di plastica per le bottiglie d’acqua, stiamo parlando, se vogliamo essere precisi, del PET che è la plastica utilizzata come contenitore. È stato poi calcolato che l’impatto ambientale dell'acqua in bottiglia è fino a 3.500 volte maggiore di quello dell'acqua del rubinetto. Inoltre i ricercatori hanno scoperto che l'impatto dell'acqua in bottiglia sugli ecosistemi è di circa 1.400 volte superiore a quello dell'acqua del rubinetto.

Quanto le bottiglie d’acqua in vetro sono sostenibili? Il vetro, rispetto alla plastica, è sicuramente un materiale più salubre, inoltre il vetro è più ecosostenibile. Teniamo prima di tutto in considerazione che comunque ogni materiale e ogni procedimento di riciclo hanno un impatto ambientale; ormai tutto quello che facciamo, produciamo e consumiamo genera impatto. A oggi, però, solo il 16% degli 11 miliardi di bottiglie di acqua minerale è in vetro! Questo perché i consumatori si sono abituati alle bottiglie di plastica, spinti in qualche modo dal sistema produttivo e dal mercato.

Che rapporto c’è tra i cambiamenti climatici e quello che mangiamo? Cara amica, il quinto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change conferma i principali risultati delle sue precedenti relazioni sull'evoluzione del clima mondiale. I cambiamenti previsti, come l'aumento della temperatura, la variabilità delle precipitazioni e gli eventi meteorologici estremi produrranno gravi conseguenze: i principali impatti biofisici del riscaldamento globale saranno l’aumento del livello del mare, l’acidificazione degli oceani, la riduzione dell'estensione dei ghiacciai, il degrado degli ecosistemi, l’aumento dei rischi di incendi e l’insorgenza di insetti nocivi.

Nell’ambito della nutrizione cosa possiamo sperare di positivo riguardo all’inquinamento? E vero, l’intensità della crescita economica ha prodotto un progressivo impoverimento delle risorse naturali e un innalzamento del livello delle emissioni inquinanti e dei gas serra che sono i principali responsabili del riscaldamento globale. Però non c’è da disperare, ma da agire. La scienza infatti mette a disposizione delle scoperte che permettono l'acquisizione di nuova conoscenza: non sono di per sé soluzioni, ma le premesse per cercare e, speriamo, per trovare soluzioni!

Come le foreste possono ridurre l’inquinamento? Ebbene sì, insieme all’agricoltura anche la gestione dei boschi, delle foreste e del suolo - di cui abbiamo cominciato a parlare alla puntata 3 - svolgono un’azione importante nella mitigazione dei cambiamenti climatici. È infatti possibile rimuovere l'anidride carbonica dall’atmosfera, immagazzinandola nel suolo e nelle foreste. Proprio così! Il suolo è in grado di assorbire e poi di trattenere l'anidride carbonica, mentre le foreste assorbono la CO2 durante la fotosintesi e la rilasciano in misura molto limitata.

Quanto l’ambiente influisce sul nostro comportamento? Eh sì, cara amica, a scuola non l’avevamo studiato, ma, oltre al genoma, esiste anche l’epigenoma. Il genoma possiamo pensarlo come il libro di informazioni per il funzionamento del nostro organismo: le pagine sono i singoli geni, mentre il DNA dà le istruzioni per poterli leggere. L'epigenoma invece è l'insieme di tutte le modifiche chimiche che interessano il DNA e le proteine che si legano al DNA, e che influenzano l'espressione genica.

Anche in Italia ci sono angurie quadrate? Ebbene sì, le abbiamo anche noi e hanno un ottimo sapore. Questa è una storia curiosa. È il 1995 e Franco Feroldi, un agricoltore di Cremona, sta tornando a casa con il suo carico di cocomeri, ammassati sul camion. Durante una curva, presa in modo particolarmente veloce, Franco vede gran parte del suo carico di angurie appena raccolte frantumarsi lungo la strada. Questo incidente gli fa venire un’idea. Perché non coltivare angurie quadrate?

… esistono già procedimenti atti alla personalizzazione degli alimenti? Cara amica, la personalizzazione del cibo sa un po’ di futuro, ma è anche un tema già presente nella ricerca scientifica e in alcune pratiche di produzione. Pensa infatti a quanto sarebbe utile avere alimenti con le caratteristiche nutrizionali giuste per i nostri specifici fabbisogni. Ebbene, l’agricoltura idroponica che abbiamo cominciato a conoscere nelle stagioni precedenti permette in parte di produrre cibi personalizzati.

Siamo davvero troppi per mantenere il mondo in equilibrio? Cara amica, domanda interessante, ma anche imprescindibile. Non è un caso, infatti, che l’ONU, ogni anno, revisioni il rapporto sulle stime e sulle proiezioni ufficiali della popolazione dei Paesi aderenti, che, pensa un po’, sono state elaborate a partire dal 1951. Questo monitoraggio è fondamentale, perché più la popolazione mondiale aumenta, più aumenta anche la domanda di cibo e quindi crescono i bisogni di energia e di acqua, oltre all’inquinamento. Tutti temi che stiamo affrontando in questa stagione. Ovvio, dirai. Sì, ma non così tanto.

Come scegliere alimenti con proteine alternative alla carne? Certo. Una ripartizione equilibrata delle fonti proteiche aiuta a mantenere l’equilibrio delle risorse ambientali, ricollegandoci a tutto quello che stiamo dicendo in questa stagione, senza compromettere la salute personale. Anzi, se si fanno le cose per bene, la nostra salute migliorerebbe. Stiamo quindi tornando a parlare della transizione proteica che possiamo inserire nella nostra dieta, ossia nutrirci anche con fonti di proteine alternative alla carne.

Val la pena davvero prendere in considerazione gli insetti nella nostra transizione proteica? Cara amica, non sei la sola a, diciamolo pure, provare disgusto, pensando agli insetti nel piatto. Tuttavia da sempre ci sono popolazioni (oggi sono circa 2 miliardi di persone) che praticano l’entomofagia, ossia si cibano di insetti. Tanto che sono più di 2.000 le specie di insetti incluse nelle pratiche culinarie di tutto il mondo. E pensa un po’ che si tratta di una soluzione alimentare estremamente sostenibile. Chiseenefrega, dirai tu. Io abito in Italia e non conoscono nessuno che mangia insetti!

Quali sono i microrganismi utili alla transizione proteica e come possono entrare nella nostra dieta? Eh sì, anche i microrganismi possono essere utilizzati per produrre proteine. Stiamo parlando nientepopodimenoche dei batteri, dei funghi, dei lieviti e delle alghe, o meglio delle micro-alghe. Con tutte le puntate su microbiota intestinale ormai hai capito che ci sono batteri, funghi e lieviti non solo indispensabili alla vita, ma anche alla nostra salute. Insomma i microrganismi usati come fonti proteiche sono nostri grandi amici e possono essere addirittura coltivati. Questo tipo di coltivazione, fatta in laboratorio, viene chiamata ‘agricoltura cellulare’.

Cosa sono le microalghe e dove le trovo? Un'altra possibilità conosciuta e studiata da diversi anni per la transizione proteica, sfruttando le potenzialità dell’agricoltura cellulare di cui abbiamo parlato nella scorsa puntata, è rappresentata dalle microalghe. Ma cosa sono? Si tratta di organismi unicellulari che, esattamente come le piante, usano l’anidride carbonica presente nell’atmosfera per produrre biomassa, cioè massa che può contenere fino al 70% di proteine.

Come si produce la carne sintetica? La coltivazione di carne in vitro si sviluppa grazie a un insieme di tecnologie sfruttate da anni nell'ingegneria tissutale che è il ramo della medicina che si occupa di rigenerare e di riparare i tessuti biologici come per esempio quello muscolare. La produzione di carne coltivata in laboratorio inizia estraendo cellule staminali dai muscoli di animali adulti viventi o cellule staminali pluripotenti da embrioni animali. Un'operazione che si può tentare con qualunque specie, ma che per ora è stata sperimentata solo con bovini, maiali, tacchini, polli, anatre e pesci. Nessun allarme perché agli animali non si fa male, stiamo parlando di estrazione di cellule, non di organi!

Quali sono gli aspetti da conoscere prima di dare un giudizio sulla carne sintetica? Certo, il tema della carne coltivata è divisivo, ma dovremmo sapere cosa l'Agenzia europea per l’ambiente ha dichiarato: «La tecnologia di coltivazione in vitro potrebbe anche offrire modi per controllare la composizione della carne e renderla più salutare. Il contenuto di grasso potrebbe essere fissato ai livelli raccomandati e i grassi insalubri potrebbero essere sostituiti con i più salutari omega-3. Si potrebbero poi includere ingredienti aggiuntivi come le vitamine». La carne coltivata dunque, continua l'Agenzia europea per l’ambiente, «non sarebbe così dipendente dall'uso di antibiotici, perché crescerebbe in condizioni sterili a partire da animali sani. Adottare più rigide procedure di controllo durante il processo di produzione potrebbe inoltre favorire una diminuzione delle malattie degli animali legate alla produzione di cibo».

Cara amica, allora possiamo rimanere in tema e raccontare del cibo in scatola e di Napoleone. Perché è stato proprio lui ad avere l’idea del cibo confezionato. L’avresti mai detto? Siamo nel 1795 e il Bonaparte lancia una gara che potremmo a tutti gli effetti definire creativa proprio come farebbe una agenzia di comunicazione. Viene infatti messa in palio una ricompensa di 12.000 franchi francesi (circa 40.000 euro attuali) per chiunque riesca a trovare un metodo sicuro e replicabile per conservare il cibo dei soldati.